Cannabis, Italia chiama Usa da Montecitorio
ROMA. La legge, almeno quella Fini-Giovanardi sulle droghe, non è uguale per tutti. Ieri ad Avezzano, è stato arrestato per spaccio di piccole dosi (20 grammi di cocaina) un marocchino che solo quindici giorni fa era stato ringraziato dal ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri per aver salvato una famiglia finita in un canale del Fucino dopo un incidente stradale, disponendo per lui il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. A Roma invece la deputata radicale Rita Bernardini non è riuscita a farsi arrestare pur regalando in piazza Montecitorio alcune piantine di marijuana da lei stessa coltivate in casa. L’iniziativa di disobbedienza civile messa in atto da Bernardini – «Cannabis, Italia chiama Usa» – è andata avanti per almeno un’ora, con l’esplicita richiesta di intervento delle forze dell’ordine, ma quando la polizia è arrivata ha solo sequestrato il «corpo del reato» e identificato la «spacciatrice» e le persone – malate di sclerosi multipla e di altre patologie per le quali il Thc è un’ottima cura coadiuvante – che avevano ricevuto le piantine in dono.
Bernardini ha tentato in tutti i modi di far applicare per se stessa la legge così come viene applicata ogni giorno per migliaia di persone che finiscono in cella per lo stesso tipo di reato. Per un parlamentare colto in flagranza di reato non c’è alcuna immunità , quindi, come spiega la stessa deputata, «per la prima volta nella storia recente italiana un deputato sarebbe finito in galera non per essersi riempito le tasche di soldi pubblici rubati ma per le proprie idee». In carcere per violazione delle norme della Fini-Giovanardi c’è il 33% dei 66.568 detenuti. E qualcuno entrato nelle patrie galere per qualche piantina autocoltivata ne è uscito morto, come è avvenuto nel 2007 a Aldo Bianzino, un falagname di 44 anni trovato senza vita nella sua cella del carcere di Perugia. «Negli Stati Uniti – spiegano i partecipanti all’iniziativa di disobbedienza civile promossa anche dall’associazione Luca Coscioni – il processo di legalizzazione della cannabis continua la propria marcia con i recenti referendum che hanno visto approvare la depenalizzazione anche dell’uso ricreativo in Colorado e nello Stato di Washington. Mentre nel nostro Paese resta inchiodato a un proibizionismoc criminogeno».
I reati da depenalizzare, secondo il ddl messo a punto dalla guardasigilli Paola Severino, (piccoli furti non reiterati, piccole illegalità ) riguardano solo qualche centinaio di persone. «Questo governo tecnico – denuncia Rita Bernardini – usa la depenalizzazione come uno spot pubblicitario: quelle di cui parlano tanto, ma che poi sono stralciate dal ddl in via di definzione, riguardano solo 1900 casi mentre nelle aule di giustizia giacciono 5 milioni di procedimenti penali. Questo esecutivo, che non ha nemmeno convocato la conferenza nazionale per le tossicodipendenze prevista per legge almeno una volta all’anno, non sa governare».
Una battaglia, quella per la revisione (se non l’abolizione) della Fini-Giovanardi che dovrebbe stare al centro della campagna elettorale. Lo chiedono i Radicali che l’hanno già cominciata e lo chiede il coordinatore dei garanti dei detenuti, Franco Corleone, che da venti giorni ha intrapreso uno sciopero della fame a staffetta con altri attivisti per sensibilizzare l’opinione pubblica sul sovraffollamento carcerari. Dalle altre forze politiche invece – almeno a sinistra – nemmeno una flebile voce.
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