Camusso: problema se vince Matteo Scoppia la polemica

by Sergio Segio | 26 Novembre 2012 20:43

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Pressata da ben due direttori, Lucia Annunziata e Ferruccio de Bortoli, alla fine dei 30 minuti di intervista televisiva Susanna Camusso rivela di aver «votato Bersani». Lo fa a Mezz’ora su Rai Tre dopo aver ribadito la sua ritrosia a rendere pubblica la sua scelta, per evitare di continuare a tirare per la giacca la Cgil: «Io non sono un dirigente politico come Prodi (che De Bortoli, in un tweet letto in diretta da Annunziata aveva accomunato a Camusso nel non rendere pubblico il proprio voto, ndr), rappresento un’organizzazione sindacale e l’opinione del segretario generale può essere un condizionamento». Le motivazioni le aveva spiegate prima e in tanti comizi: «L’attenzione al lavoro», la prima richiesta che la Cgil aveva fatto a tutti e cinque i candidati delle primarie del centrosinistra.
E proprio sulle proposte sul lavoro c’è la distanza nei confronti con Matteo Renzi. «Se vincesse non sarebbe una tragedia, ma sarebbe un problema perché le sue ricette sul lavoro, quelle ascoltate all’ultima Leopolda, sono molto distanti dalle nostre». La seconda ragione è quella che il segretario generale della Cgil non crede «agli uomini soli al comando», sebbene «per arrivare a un nuovo governo ci sarà  da ragionare in ogni caso e le proposte sarebbero mediate».
La risposta del sindaco di Firenze arriva all’uscita dal seggio di piazza dei Ciompi. Ed è durissima: «Per il bene della Cgil e dell’Italia, e del Pd, spero che arrivi presto il giorno in cui il segretario della Cgil non interviene il giorno delle elezioni, a urne aperte, in televisione pubblica, per endorsare al contrario un candidato. Quando il rapporto tra Pd e Cgil ha aggiunto sarà  di grande correttezza e rispetto ma un po’ meno stretto di quello che abbiamo visto oggi (ieri, ndr) in televisione, sarà  un bene per il partito democratico, ma soprattutto per la Cgil».
Le polemiche fra Renzi e Cgil nelle settimane scorse hanno riguardato soprattutto il ruolo di Pietro Ichino. Il giuslavorista deputato Pd appoggia il sindaco di Firenze e alla Leopolda ha rilanciato le sue idee in fatto di riforma del lavoro: contratto unico e critiche alla Cgil e Fiom sulla vicenda Fiat. Da Corso Italia si è risposto ribadendo le critiche alle idee di Ichino, senza però personalizzare la questione.
Su Vendola, l’unico candidato che ha esplicitamente difeso il «no» della Cgil all’accordo sulla produttività , i giudizi sono più sfumati: «Apprezzo sempre quando la politica si interroga sulle scelte della Cgil e prova anche a difenderle, ma preferisco quando si discute nel merito delle questioni perché troppo spesso sento un’aria di schieramento e in questo sento che si tira la giacca alla Cgil».
SUL LAVORO PRATICA COSTRITTIVA
Sulla cosiddetta doppiezza del Pd sulle questioni del lavoro, grandi critiche e cambiamenti ai provvedimenti del governo, ma voto a favore sulla riforma del lavoro, Susanna Camusso è prudente e concede molte attenuanti: «Siamo davanti a una pratica costrittiva del governo» che «mette in imbarazzo tutti i partiti», dovuta al fatto che «il governo Monti è arrivato per una stretta politica nel Paese» ed è figlio di «una maggioranza irragionevole».
Susanna Camusso aveva votato in mattinata «da fuorisede»: lei milanese si era attrezzata per poter mettersi in coda nel seggio di piazza Verbano, non lontano dalla sede della Cgil a Corso Italia. In queste settimane, ognuno a titolo personale, centinaia di migliaia di iscritti e dirigenti alla Cgil si sono mobilitati per queste primarie. Il motivo lo spiega Camusso: «Ci si sente orfani di una politica partecipata, di partiti che discutono».
Poi si passa a discutere del governo. Riguardo a quello futuro, Camusso è molto chiara: «Il sindacato ha bisogno di una politica che sia sponda». Sull’attuale idem: «Temo che potrebbe ancora fare dei guai, l’idea che non faccia più niente in attesa delle elezioni sarebbe forse una buona idea» perché «la stagione dei tecnici è stata troppo lunga». Per questo il segretario generale della Cgil ribadisce che «l’agenda Monti ha fatto male al Paese» e per il presidente del Consiglio parlare di Quirinale «è una discussione strana, visto che non si sa neanche quale sarà  il governo: non ho nulla contro di lui personalmente, ma al Paese non gioverebbe una prosecuzione di quella esperienza».
Con Monti mercoledì sera al tavolo finale della produttività , Camusso conferma di aver avuto uno scambio di battute duro «quando il presidente ci ha chiesto di partecipare alla conferenza stampa finale, mentre noi decidiamo da soli quando parlare». Sulle ragioni della mancata firma, Camusso ribadisce di «aver chiesto di continuare a discutere nel merito, perché la produttività  è usata come una parola magica mentre da 15 anni le imprese non investono e in Italia ci sono milioni di piccolissime imprese e solo 2mila che fanno la contrattazione aziendale e il governo investe 950 milioni per 16 milioni di lavoratori».

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