by Sergio Segio | 27 Novembre 2012 18:36
C’è un’evidente simmetria nelle cifre che hanno contribuito ad affossare il summit europeo. Il budget proposto era superiore di 50 miliardi di euro rispetto a quello che il governo del Regno Unito era disposto ad accettare. Questa è esattamente la cifra che ricevono ogni anno gli agricoltori europei. La tanto discussa riduzione di bilancio proposta dai britannici era di 3,6 miliardi di euro l’anno, un’esigua percentuale del contributo da noi versato per i sussidi agli agricoltori europei.
Acquattato al centro del summit della settimana scorsa, velenoso per ogni trattativa, c’è un enorme grumo di grasso di maiale chiamato politica agricola comune. I colloqui sono falliti anche perché il presidente del Consiglio europeo, incalzato da Franà§ois Hollande, ha proposto di aggiungere al mucchio altri otto miliardi di euro nel giro di sei anni. Non mi capita spesso di schierarmi dalla loro parte, ma il governo britannico e quello olandese hanno fatto bene a respingere tale proposta.
Il fatto che i popoli europei tollerino questo incessante ladrocinio non finisce mai di stupirmi. I sussidi all’agricoltura sono l’equivalente moderno delle tasse feudali che i vassalli erano costretti a pagare ai loro signori per il privilegiodi essere oppressi. Lo schema unico dei pagamenti, che da solo contabilizza la maggior parte del denaro, di fatto è un premio per il possesso della terra. Quanta più se ne possiede, tanti più soldi si ricevono.
Per una straordinaria coincidenza, si dà il caso che i maggiori proprietari terrieri siano le persone più ricche d’Europa. Ogni contribuente europeo, compresi i più poveri, paga di tasca propria sussidi ai proprietari terrieri: e non solo una tantum, come abbiamo fatto durante i bailout delle banche, ma permanentemente. Ogni nucleo familiare del Regno Unito versa in media 245 sterline l’anno affinché i milionari possano continuare a godere dello stile di vita al quale sono abituati. Da quando sono state rovesciate le antiche dittature, in questo continente non è stata ideata alcuna forma di tassazione più regressiva di questa. Non importa se gli agricoltori francesi rovesciano letame per le strade: dovremmo essere noi a rovesciarlo sulle loro teste.
E sarebbe ingiusto fermarci qui. Anche nel Regno Unito ci sono moltissime persone che meritano il medesimo trattamento. L’anno scorso la commissione per l’ambiente, l’alimentazione e le questioni rurali della Camera dei comuni ha affermato in un rapporto stranamente sbilanciato che il sistema dei sussidi all’agricoltura non si spinge abbastanza lontano, e di conseguenza vorrebbe integrare i pagamenti per il possesso della terra riesumando i pagamenti “per animale”. In sostanza, versare denaro per ogni capo di bestiame che i coltivatori ammassano nei loro campi.
Questa sciocchezza batte in stupidità quella francese. Nel 2003 esistevano ottimi motivi per eliminare gradualmente i pagamenti “per animale”: quel sistema offriva infatti un incentivo enorme a riempire alture e colline con quanti più animali possibile (per lo più pecore), a prescindere dal loro impatto sulla natura e dal benessere del bestiame stesso. Un numero spropositato di pecore inondò il mercato, mandando in bancarotta gli agricoltori, quegli stessi che si presumeva dovessero essere tutelati dai sussidi. La proposta della commissione si concilia con uno stupido principio europeo invalso da tempo: quanto meno adatta è una regione all’agricoltura, tanti più soldi si spendono per garantire che vi si continui a coltivare. Questa è la motivazione di fondo addotta per tali sussidi integrativi, intesi come remunerazioni per le aree meno avvantaggiate.
Pagati per disboscare
Questo criterio è giustificato da un’affermazione insensata: quella secondo cui per proteggere l’ambiente è indispensabile coltivare la terra, soprattutto nelle regioni montuose. La Commissione europea sostiene infatti che l’agricoltura è indispensabile per “contrastare la perdita di biodiversità ” e ridurre le emissioni di gas serra. Queste affermazioni sono spesso accompagnate da vaghi riferimenti scientifici. Riflettono una visione biblica della gestione della Terra da parte degli uomini. Sarebbe bello credere che gli agricoltori di montagna, i proprietari terrieri con i quali è più facile simpatizzare, stiano procurandoci solo vantaggi, ma si tratta solo di una pia illusione.
Negli ultimi decenni, in conseguenza delle coltivazioni a pascolo, dei drenaggi di scolo, dei residui di stallatico delle greggi che hanno infettato i corsi d’acqua, del disboscamento portato avanti dagli agricoltori, nei terreni agricoli si è registrato un calo catastrofico della fauna selvatica. La settimana scorsa uno sconvolgente studio ha rivelato che nel Regno Unito dal 1966 è scomparso il 20 per cento delle specie di uccelli, e sulle terre coltivate tale percentuale supera il 50 per cento.
Il sistema dei sussidi non solo promuove tale devastazione: la esige. Una normativa europea dichiara che al fine di riscuotere il loro più importante contributo economico, gli agricoltori devono evitare “l’invasione di vegetazione sulle terre coltivabili”. In altre parole, devono far sì che non vi crescano alberi e cespugli. Pertanto, per incassare i loro soldi non devono coltivare le messi o allevare bestiame sulle loro terre, ma continuare a tagliare tutto ciò che vi cresce. In tutta Europa habitat vitali per le specie selvatiche sono andati distrutti – spesso su terreni di scarso valore agricolo – semplicemente per poter espandere a dismisura le aree per le quali è possibile chiedere i sussidi.
La Commissione europea sostiene che i sussidi sono indispensabili per aiutare gli agricoltori a “contribuire alla crescente richiesta mondialedi generi alimentari, che si prevede crescerà del 70 per cento entro il 2050”. Ma se si prevede che la domanda di cibo nel mondo aumenterà del 70 per cento, perché mai servono i sussidi? Fino a non molto tempo fa gli aiuti all’agricoltura erano giustificati con la pretesa che la domanda mondiale era bassa. Adesso li si giustifica con la pretesa che la domanda mondiale è alta. Prima si escogita la politica, poi si trovano le giustificazioni.
L’Europa è in crisi, ed è in crisi perché i soldi sono finiti. Si tagliano servizi pubblici essenziali (spesso ingiustamente e non necessariamente), ma al contempo ai proprietari terrieri si versano fino a 50 miliardi di euro l’anno. Di rado, nell’ambito dei conflitti umani, così tante persone hanno dato così tanto a così poche.
Traduzione di Anna Bissanti
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