by Sergio Segio | 26 Novembre 2012 20:06
Prima di uscire di casa twitta col cellulare un «grazie a tutti i volontari che rendono possibile questa bellissima giornata di democrazia». Poi, insieme alla moglie Daniela e alle figlie Margherita ed Elisa, va a prendere la macchina per andare verso via XXIV Maggio. Jeans e pullover blu, Pier Luigi Bersani arriva al seggio di Piacenza ovest sorridente.
Un sorriso che non perde neanche a tarda sera, quando si vengono a sapere i dati definitivi di questa sfida: «È stata una giornata straordinaria, non me la si rubi perché l’ho voluta io». Il leader del Pd è primo, e anche se non è riuscito a chiudere la partita al primo turno parla di «risultato ottimo». Domenica prossima dovrà giocarsela con un Matteo Renzi che riparte forte di un risultato che era tutt’altro che atteso nei giorni precedenti al voto, ma Bersani si dice comunque soddisfatto per questo passaggio che, sottolinea, rafforza il suo partito e il centrosinistra in vista della sfida decisiva, le elezioni politiche. A urne chiuse riceve un messaggio dal segretario del Partito socialista francese Harlem Desir per l’«eccellente risultato»: «Vincerà ampiamente al secondo turno come Franà§ois Hollande». C’è anche il tempo per una telefonata cordiale con Renzi: «Ti abbraccio». Però il suo sfidante dice che lei ha accettato la sua proposta di fare le primarie. «No, in amicizia ma questo non glielo consento», risponde lui che ha chiesto di modificare lo statuto del Pd per permettere al sindaco di Firenze di correre.
Domenica sera si saprà chi sarà il candidato premier del centrosinistra, ma intanto un «obiettivo è stato raggiunto», dice Bersani andando a incontrare poco prima di mezzanotte militanti e simpatizzanti al comitato di Piacenza. «Abbiamo contribuito a riavvicinare cittadini e politica». E se i commentatori che affollano le trasmissioni televisive post-voto si affrettano a dire che comunque vada tra sei giorni la sfida ai gazebo, il ruolo del sindaco di Firenze avrà un peso non indifferente in tutti i prossimi passaggi da qui al voto di marzo, Bersani a chi lo avvicina dice che «non ci saranno bilancini» e ricorda anche che il doppio turno è stato lui a volerlo nelle regole (Renzi era contrario), per dare al candidato premier una forte legittimazione popolare, superiore alla metà più uno dei voti degli elettori. «Se non ci fosse stato stasera avrei stravinto io», è il sottinteso.
UN COLPO ALL’ANTIPOLITICA
Se Bersani si dice soddisfatto per com’è andata questa giornata è perché è convinto che «il primo avversario» da combattere sia «la disillusione, l’indignazione, il distacco tra i cittadini e la politica». I resoconti che riceve fin dal primo mattino da tutta Italia parlano di file ai gazebo, tanto per votare quanto ancora per registrarsi. «Oggi è una festa. Abbiamo fatto, con le primarie, un regalo a noi e all’Italia perché la politica è partecipazione. Se mi aspettavo un’affluenza così alta? Certo. Le primarie le ho volute, e le ho volute aperte, per rompere il muro che c’è tra politica, istituzioni, e cittadini. C’è ancora tanto da fare contro l’antipolitica, perché il disagio che c’è in giro è enorme, ma un po’ di quel muro lo stiamo rompendo». Mancano ancora una decina di ore alla chiusura dei seggi e alla notizia che alla fine saranno quasi quattro milioni gli italiani che si sono messi in fila per decidere chi dovrà essere il prossimo candidato premier del centrosinistra. Ma l’aria che tira è già chiara, e per Bersani è un’aria di festa, «una festa della democrazia».
PRONTO AL BALLOTTAGGIO
Un braccio sulle spalle della figlia Margherita, Bersani entra nel seggio salutando e stringendo mani ed è inevitabile chiedergli un pronostico sull’esito del voto. Benché i sondaggi degli ultimi giorni lo abbiano dato a un passo dalla soglia del 50% necessaria per essere proclamati vincitori, il leader del Pd si mostra molto cauto: «Ritengo probabile il ballottaggio, ci sono tanti contendenti». Un sorriso, e poi: «Ma se le cose vanno così ne faccio sette di ballottaggi. Una settimana in più con un clima così non guasta».
Ed è con questo spirito che ora Bersani si prepara a giocare la sfida del secondo turno, «senza aprire tavoli» con Vendola o gli altri esclusi. In questi mesi ha accuratamente evitato di polemizzare con Renzi, e non intende cominciare ora. «Qualche sbavatura c’è stata, ma d’altro canto questa è una competizione vera. Ci siamo dati qualche calcetto e anche qualche calcione, ma sono cose che non mettono in discussione la lealtà di tutti e l’aiuto che ci daremo quando la competizione sarà finita». Anche se Renzi continuerà a definirla «usato garantito?». «No, lui dice usato sicuro, e non mi offendo mica io, sicuro è una gran bella parola».
Dopo aver votato al seggio di Piacenza Bersani risale in auto con moglie e figlie. Destinazione Bettola, il suo paese natale da dove ha fatto partire la sua campagna per le primarie (e dove ha vinto con 222 voti contro i 35 di Renzi). Pranzo a casa dei suoceri, Gino e Carla, con uno dei suoi piatti preferiti: il merluzzo in umido con la polenta. Poi in serata il ritorno a Piacenza e l’attesa del risultato finale guardando in televisione la partita Milan-Juventus (finita 1 a 0, cioè male per la sua squadra del cuore).
La strategia di Bersani, che stasera è a “Che tempo che fa”, come Renzi, col quale farà un confronto diretto mercoledì su Rai1, non cambierà in questi sei giorni. «Finora abbiamo mostrato di essere un popolo di progressisti, di gente che conosce le proprie responsabilità davanti al Paese». Continuerà a farlo fino a domenica. E poi, se gli elettori del centrosinistra lo vorranno, fino a marzo prossimo.
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