by Sergio Segio | 4 Novembre 2012 9:04
ROMA — Una scialuppa di salvataggio per i debitori “onesti ma sfortunati”. Ovvero famiglie e piccole imprese che hanno rate e mutui da pagare e che all’improvviso fanno crac. Messi in ginocchio da un divorzio, la perdita del posto di lavoro, i clienti in mora, una malattia, la crisi economica. Per loro, a fine gennaio, arriva la legge Centaro che per la prima volta in Italia disciplina “la composizione delle crisi da sovraindebitamento”. Consentendo, al passo degli Usa e dei principali Paesi europei, il “fallimento del consumatore”. Una seconda chance per rimettersi in carreggiata senza bollini infamanti o tragici pignoramenti. Dopo nove mesi si scopre però che quella legge non funziona. Un monitoraggio rivela zero procedimenti attivati nei tribunali di Milano, Torino, Bari, Brindisi, Pavia. E un solo ricorso presentato a
quelli di Roma e Firenze. Qualcosa è andato storto, visto che il governo ci riprova. Il veicolo, questa volta, è il decreto “Crescita 2.0”, all’esame del Senato. L’articolo 18 del decreto – formulato dagli esperti di due dicasteri, Giustizia e Sviluppo economico – introduce importanti correttivi alla legge Centaro, considerata ormai inefficace, pur mantenendone i cardini: la “composizione” del debito attraverso un piano di ristrutturazione, da sottoporre al giudice che poi lo “omologa”, e l’alternativa della “liquidazione” di tutti i beni del debitore, con una durata minima di quattro anni. La nuova riformulazione tenta dunque di rimuovere almeno un paio di ostacoli. Intanto, per la “composizione” sarà sufficiente l’accordo con la maggioranza dei creditori, pari al 60% dei crediti, e non al 70% com’era prima. E poi questo accordo varrà nei confronti di tutti i creditori, anche quelli non aderenti al piano di rientro. Come conseguenza, al pari di quanto avviene nel concordato preventivo, anche per il consumatore scatterà l’effetto “esdebitazione”, ovvero la cancellazione di quella parte dei debiti che non sarebbe stata in ogni caso ripagata anche qualora si fosse liquidato il suo patrimonio.
A vigilare su tutto, il giudice. Che può non dare il suo ok al piano se scopre che lo “sfortunato” consumatore è in realtà un furbo. Indebitato «senza la ragionevole prospettiva» di ripagare le rate o che ha «colposamente determinato» il super debito, ricorrendo al credito «in modo non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali». Tra l’altro, se il debitore trucca le proprie carte, presenta documenti contraffatti, altera i numeri del passivo o sottrae parte dell’attivo, scattano severe sanzioni:
reclusione da sei mesi a due anni e multa da mille a 50 mila euro. «Con queste norme riportiamo l’Italia al livello degli altri Paesi occidentali che da tempo ormai disciplinano l’insolvenza civile e consentono il “fresh start”, la ripartenza del piccolo imprenditore, anche agricolo, del professionista, del consumatore onesto ma vittima di choc esterni», commenta Salvatore Mazzamuto, sottosegretario alla Giustizia.
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