Albertini accusa il pm: prova sparita sui derivati

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MILANO — Se agli atti del processo quella carta non c’è, e se «il pm dichiara di non averla mai vista», allora — scrive al giudice Oscar Magi l’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini — vuol dire che, «a esclusivo conforto della tesi accusatoria», è stata «fatta dolosamente sparire in fase istruttoria la documentazione prodotta dagli uffici comunali» nel 2005 sul «calcolo di convenienza economica» del bond trentennale da 1,6 miliardi di euro, emesso proprio dall’allora giunta Albertini per «ristrutturare» i debiti con Deutsche Bank, Depfa Bank, Ubs e JpMorgan, le 4 banche estere ora imputate di aver truffato il Comune guadagnando 72 milioni con «artifici e raggiri» nascosti nelle pieghe di quei prodotti derivati.
Da sempre, però, tutti i testi del processo e tutte le carte sequestrate nel 2007-2008 dicono il contrario di Albertini: e cioè attestano che il calcolo sulla convenienza economica per le casse pubbliche (imposto dalla legge) non venne mai fatto dal Comune, che invece lo subappaltò proprio alle banche straniere, le quali dunque si ritrovarono a consigliare alla giunta Albertini una operazione di cui erano controparte e che per loro si risolse in un ottimo affare, rivelandosi invece negli anni un potenziale bagno di sangue per Palazzo Marino, alleviato solo dalla recente rinegoziazione da 750 milioni di euro in 23 anni tra la neogiunta Pisapia e le banche.
Questa abissale differenza tra la realtà  del processo e l’affermazione formulata da Albertini è del resto nota all’ex sindaco da un anno, perché gli era già  stata fatta presente il 2 novembre 2011 quando era stato interrogato come teste in aula. Eppure ora Albertini, a un anno di distanza, a istruttoria chiusa l’11 luglio scorso, a requisitoria fatta dal pm contro le banche, ad arringhe difensive in corso e a sentenza prevista per Natale, fa piombare sul processo questa lettera-choc non solo per la riproposizione di una tesi sinora smentita, ma per la gravità  delle deduzioni che l’ex sindaco trae. E che trovano subito una prima conseguenza formale.
Il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha infatti trasmesso la lettera di Albertini alla Procura di Brescia, cioè all’autorità  giudiziaria competente a indagare sia sugli eventuali reati commessi dai magistrati milanesi (la soppressione di documenti adombrata dall’ex sindaco) sia sui reati commessi ai loro danni, quale sarebbe la calunnia nei confronti del pm Alfredo Robledo se Albertini non fosse ora in grado di supportare le proprie accuse con qualcosa in grado di ribaltare tutti gli atti e tutti i testi. Compresi proprio quelli del Comune come l’amico e compagno di scuola dell’allora sindaco, Mauro Mauri, imputato per cui il pm ha chiesto l’assoluzione al pari dell’ex direttore generale Giorgio Porta. Mauri, unico referente del sindaco «perché Albertini obiettivamente di che cosa fosse una obbligazione non aveva la più pallida idea», e inserito nella Commissione tecnica di valutazione della convenienza economica, il 12 ottobre 2011 disse in aula che «la giunta ha assegnato il calcolo agli arranger» (cioè alle banche), e che era stata «una operazione di 5/10 minuti» leggere il «testo di una pagina» in cui le banche mostravano la convenienza economica dell’operazione. Così anche l’ex direttore del settore Finanza del Comune, Angela Casiraghi: «È stata calcolata direttamente dalle 4 banche… non avevamo neanche gli strumenti per poterlo fare… ci siamo limitati a dare un assenso, non abbiamo verificato». Idem l’ex direttore centrale della Ragioneria comunale, Elfo Butti: «L’incarico è stato dato alle banche perché gli uffici comunali diciamo non erano nelle condizioni». Nessun calcolo anche dal responsabile dell’ufficio Mutui, Giuseppe Altavilla. E per converso l’hanno confermato in aula pure i funzionari di Deutsche Bank (Tommaso Zibori: «Il Comune ci chiese: “Fate i calcoli di convenienza, supportateci”») e di JpMorgan (Antonio Creanza: «Non mi risulta che il Comune abbia fatto i calcoli… li abbiamo fatti noi a supporto del Comune»).
Perciò desta clamore la lettera, depositata il 22 ottobre, nella quale Albertini bolla come «fantasiosa» l’«ipotesi del pm circa l’inesistenza “ab initio”» del calcolo comunale: «Confermo che, ove non sia agli atti, ciò non possa spiegarsi che con la sparizione dolosa, a esclusivo conforto della tesi accusatoria».


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