Vittoria apparente, sconfitta certa
Lo è, ma in senso negativo. L’astensione ha sfondato il muro del 50%. L’elezione dell’assemblea siciliana e del suo presidente riguarda cioè la minoranza (senza contare schede bianche e nulle) degli aventi diritto al voto. Non è e non sarà in ogni caso rappresentativa.
L’affermazione di Crocetta avviene da un lato sulla divisione dello schieramento della destra berlusconiana, un tempo partito prendi tutto in Sicilia. Allo stesso tempo si appoggia in modo rilevante sull’Udc. Quindi il sistema di potere Lombardo è tutt’altro che sepolto. Anzi si cercherà di stabilire fin dalla partenza una continuità .
Il successo di 5Stelle è rilevantissimo. Più ancora dell’esito del suo candidato colpisce il fatto che diventi il primo partito nell’isola, a dimostrazione della disgregazione del sistema politico-partitico-istituzionale. Tuttavia neppure il populismo grillino intercetta la grande marea dell’astensione. C’è solo da augurarsi che abbia ragione Pietro Barcellona che la definisce «un’astensione attiva», quindi non proprio un rifiuto della politica, quanto una critica estrema alla politica quale essa attualmente è e a tutte le forze che la incarnano. E’ questa realtà , non tanto le difficili somme per raggiungere la soglia dei 46 seggi, unitamente alla desertificazione della società economica e civile provocata dalla crisi, che renderà ardua la effettiva governabilità della Sicilia. Pensare quindi che la vittoria di Crocetta, come egli stesso ha immediatamente dichiarato, costringa di per sé la mafia a fare le valigie (del resto è una multinazionale) è pura vanagloria.
Il risultato della lista capitanata dalla compagna Marano è indubbiamente deludente. Pesano anche errori banali e specifici. Pesa la storica debolezza della sinistra radicale in quell’isola. Pesano i tristi chiari di luna che si sono abbattuti sulla stessa Idv. E’ evidente che la somma di organizzazioni, senza un lavoro di lunga lena di ricostruzione di un tessuto popolare e la connessione con le esperienze della sinistra diffusa e di movimento, non porta lontano. Le singole organizzazioni, compresa Sel, devono interrogarsi perché esse in primo luogo siano così deboli nella capacità di intercettare la protesta popolare e il rifiuto dell’offerta politica finora in campo, anziché rimproverarsi di non essersi accodate al carro del vincitore in una partita che ha coinvolto solo una minoranza della popolazione siciliana.
Ovviamente, come sempre, le elezioni siciliane avranno un riflesso sulle scelte nazionali. E sarà negativo. Spingerà ancora di più il Pd verso la ricerca di un’alleanza alla propria destra, in primis l’Udc, rendendo più evidente che “l’alleanza dei progressisti e dei democratici” è apertissima a destra e chiusa a sinistra. Come si nota già dalle prime reazioni speculari e convergenti di Bersani e Casini. Nello stesso tempo affretterà quei processi di ulteriore scomposizione e ricomposizione a destra e sul lato destro del centro, di cui si hanno avvisaglie nel documento di laici e cattolici tra cui spiccano le firme di Montezemolo, di Riccardi e di Bonanni e che non andrebbero sottovalutati.
Il problema che resta del tutto aperto è chi rappresenta e chi organizza la sinistra. Quella sinistra diffusa, che non si riconosce e non è riconoscibile nella somma delle sigle esistenti; che tantomeno può sentirsi rappresentata, quantomeno non tutta, dalla “carta di intenti”; che vive nel mondo del lavoro che nessuno vuole o sa interpretare direttamente in tutti i suoi aspetti e dimensioni; che si organizza sul territorio attorno alla difesa dei beni comuni e delle istituzioni minacciate dello stato sociale; che riesce anche a vincere grandi battaglie, come nei referendum, ma vuole dare ad esse continuità e solidità ; che si fa promotrice di un nuova cultura e di un nuovo senso del vivere comune. Un lavoro che richiede pensieri e tempi lunghi, ma se non vogliamo che anche le elezioni del 2013 siano affossate nel baratro dell’astensionismo bisogna pensarci da subito.
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