Via all’alleanza Pd-Vendola E su Monti nasce un caso

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BETTOLA (Piacenza) — «Casini non lo abbiamo definitivamente perso, non lo abbiamo mai trovato…». Siglando l’alleanza con i democratici di Pier Luigi Bersani e i socialisti di Riccardo Nencini, Nichi Vendola sbatte la porta in faccia a colui che gran parte del Pd vorrebbe come alleato: il leader dell’Udc, appunto, che il presidente della Puglia liquida come «un conservatore».
Bersani esulta perché «la miccia è accesa», ma tra il leader centrista e il capo di Sel sono fuochi d’artificio. Casini denuncia che «l’ipoteca di Vendola sulle primarie è superiore a quella di Renzi» e giudica «un errore» cancellare Monti dal Manifesto del centrosinistra. E Bersani, che pure non vorrebbe polemizzare nel giorno del battesimo dell’alleanza, lo stoppa con garbo: «Casini non si preoccupi, è una bella giornata questa… Non solo per noi, ma per l’Italia».
Ora dunque è ufficiale, nella coalizione non c’è posto per Casini. Per non chiudere del tutto i leader hanno lasciato uno spiraglio in quel passaggio della Carta d’intenti, dove democratici e progressisti «si impegnano a promuovere un accordo di legislatura» con le forze «del centro liberale». Troppo poco, per i riformisti del Pd. Eppure il segretario alza «orgoglioso» il calice mezzo pieno: «Le primarie sono la più grande e bella cosa che la politica può offrire».
Nasce così, in un mix di entusiasmo e polemiche dal retrogusto amaro, il polo «democratico e progressista». L’alleanza alternativa al «liberismo, al berlusconismo e al populismo» con cui Bersani conta di approdare a Palazzo Chigi dopo aver battuto, alle primarie, sia Vendola che Matteo Renzi.
Nelle dieci parole d’ordine scolpite nella Carta d’intenti — che Renzi fa virtualmente in pezzi con l’aggettivo «generica» — c’è già , in pillole, il programma di governo: Europa, democrazia, lavoro, uguaglianza, libertà , sapere, sviluppo sostenibile, beni comuni, diritti e responsabilità .
Le regole per le primarie sono pronte. Il sindaco di Firenze è deluso e arrabbiato, eppure dispensa sorrisi e ostenta ottimismo: «Le regole sono sbagliate, ma non si ferma il vento con le mani». Renzi si è impegnato a «rispondere con lealtà », ma a sera da Arezzo si lascia scappare che lui di Bersani si fidava, il patto era «regole per aumentare la partecipazione e purtroppo non è andata così». Si voterà  il 25 novembre versando «almeno due euro», con eventuale ballottaggio il 2 dicembre. Per iscriversi e votare gli elettori dovranno fare due file e la questione delicatissima delle deroghe per accedere al secondo turno (avendo saltato la registrazione entro il primo) è stata demandata a un Comitato dei garanti presieduto da Luigi Berlinguer e composto da Mario Chiti, Francesco Forgione e Francesca Brezzi.
E i renziani? Niente, lamentano dallo staff del sindaco, nemmeno un garante piccolo piccolo. «È uno scandalo, un gioco scoperto e senza ritegno per limitare il numero dei votanti», attacca Roberto Reggi per conto di Renzi. Perché mettere le patate roventi nelle mani dei garanti, invece di pelarle subito? «Questo vizio del Pd di rimandare i problemi deve finire. E un altro tema micidiale — si sfoga l’ex sindaco di Piacenza — è la pubblicazione dei votanti».
Detto questo, Renzi ha per ora deciso di comportarsi «come un soldato» e di rispettare il regolamento, sperando che le norme si rivelino un boomerang per l’avversario. «Innanzitutto chiedo il voto ai delusi del Pd — ha detto da Arezzo, con una stoccata a Bersani — . Se poi prendiamo i voti dei delusi dell’altra parte va anche bene».
Il leader del Pd inizia la sua corsa oggi dalla pompa di benzina di Bettola, gestita un tempo da Bersani padre. Una scelta che sa di radici popolari e di sinistra, per far capire con un’immagine simbolica che lui vuole «governare con il popolo» e portare — come dice Vendola — l’Italia «oltre Monti», rispettando gli impegni con l’Europa e però anteponendo al risanamento la giustizia sociale e la solidarietà  con i più deboli.
Sul tema dei diritti è Vendola ad aver ottenuto una prima e importante vittoria con il riconoscimento delle coppie gay, altra mossa di sinistra che aumenta la distanza con l’ala cattolica. Bersani aveva fatto a suo tempo consistenti aperture, ma ieri al Centro congressi Roma eventi si è scelto di «dare sostanza normativa al principio riconosciuto dalla Corte costituzionale, per il quale una coppia omosessuale ha diritto a vivere la propria unione, ottenendone il riconoscimento giuridico».
Il passo avanti è agli atti. Se il centrosinistra andrà  al governo Anna Paola Concia è convinta che una legge per le coppie omosessuali si farà : «Noi vorremmo il matrimonio, ma se non riusciremo a ottenerlo avremo almeno le unioni civili…».


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