UN SOSPETTO INTOLLERABILE
Formigoni sembra dimenticare che il caso Zambetti non è un episodio isolato. È l’ultimo capitolo, per ora, di una serie di vicende in cui sono coinvolti 14 esponenti della Regione (di cui quattro assessori tra l’attuale e la precedente giunta) e che hanno avuto per risultato l’arresto di cinque persone.
Non mi azzardo ad anticipare un giudizio su indagini non ancora concluse. Mi limito a osservare che le dimissioni o il rapido ricorso al voto, in queste circostanze, non sono necessariamente un indice di colpevolezza. Un governo si dimette o si rinnova quando le accuse e i sospetti incidono sulla sua credibilità , interferiscono nelle sue funzioni quotidiane, rendono sempre più difficile il lavoro per cui è stato eletto. Il compito di un’amministrazione nazionale o locale è quello di rendere un servizio ai suoi cittadini, non quello di fare una logorante battaglia polemica su un terreno ricoperto da scandali e indagini giudiziarie. Non è tutto. Formigoni dimentica di essere alleato di una Lega che aspira a conquistare la Regione ed è ora guidata da un ex ministro dell’Interno, orgoglioso della propria politica contro le mafie. Con quale animo Roberto Maroni avrebbe potuto continuare a sostenere un’amministrazione di cui faceva parte, sino a poche ore fa, un uomo accusato di avere commerciato voti con una di esse? Come è possibile che sull’amministrazione di una delle maggiori Regioni italiane pesi il sospetto di una collusione con la ‘ndrangheta proprio nel momento in cui il governo ha deciso di commissariare Reggio Calabria?
Formigoni, invece, rivendica i meriti della sua amministrazione, vanta le virtù della Sanità regionale o preferisce eludere l’argomento accusando il governo Monti di praticare una anacronistica e dannosa politica centralizzatrice. È vero che la Lombardia, almeno in termini relativi, è stata in questi anni una delle Regioni più efficienti del Paese. Ma un gesto coraggioso del suo presidente, in questo momento, dimostrerebbe che quanto più alti sono gli standard dell’efficienza tanto più alti devono essere quelli dei comportamenti civili. Mentre l’ex presidente della Provincia Filippo Penati rinvia le proprie dimissioni e Renata Polverini non si decide a sciogliere il suo Consiglio, Formigoni, prendendo atto di una situazione intollerabile, avrebbe il merito di rendere l’aria del Paese un po’ più pulita.
Sino ad ora il presidente della Regione è parso conformarsi alle vecchie abitudini della peggiore politica italiana. È a metà del suo quarto mandato, nella fase decisiva che precede l’inaugurazione dell’Expo, ma preferisce correre il rischio di un patetico epilogo in cui dovrà impiegare buona parte del suo tempo a difendere se stesso anziché gli interessi della propria città e della propria regione. Se accettasse il diktat della Lega («un passo a lato o un passo indietro») e prendesse l’iniziativa di sciogliere il Consiglio e tornare alle urne, farebbe ai lombardi e, in particolare, ai milanesi, il migliore dei regali possibili: quello di arrivare all’appuntamento dell’Expo senza i sospetti e le vicende giudiziarie che avvelenerebbero gli ultimi tre anni del suo mandato.
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