by Sergio Segio | 4 Ottobre 2012 6:47
Forse gli Imbecilli Uniti d’America hanno il diritto di eleggere Mitt Romney come presidente. Però per il bene degli Stati uniti e di Israele, spero che questo non accada. C’è gente che dice che Israele è lo stato numero 51 dell’Unione. Qualcuno dice anzi che è lo stato numero uno dell’Unione. Sia come sia, la nostra vita – e forse la nostra morte – dipendono in grande misura dall’uomo che risiede alla Casa bianca.
Cosicché, con tutti i miei dubbi (e ne ho molti) su Barack Obama, nutro ardenti speranze che possa essere rieletto.
Nel suo ultimo attacco di intelligenza, Romney non solo ha rilevato che il 47% degli statunitensi sono dei parassiti, ma anche che «i palestinesi» vogliono distruggere Israele. Per lui il conflitto fra Israele e i palestinesi non ha soluzione e continuerà per sempre.
Mi domando da dove abbia preso questo suo più recente colpo di genio.
Nella Germania nazista c’era un certo Herr Doktor Otto Dietrich, funzionario del ministero della propaganda. Tutti i giorni riuniva i direttori dei giornali più importanti di Berlino e diceva loro quali dovevano essere il titolo e l’editoriale del giorno dopo.
Ad uso delle presidenziali Usa
Questo era prima di Internet e del fax. Oggigiorno l’ufficio del primo ministro israeliano manda via fax una «pagina di messaggi» quotidiana ai ministri di Netanyahu e ad altri tirapiedi in cui dice quali messaggi debbono diffondere.
Ho il forte sospetto che Romney legga questa pagina di messaggi subito prima di incontrarsi con il suo pubblico, composto di multiliardari (o semplici miliardari). Dopotutto, lui non è capace – o sì? – di inventarsi da solo questi fantastici lampi di luce.
«I palestinesi» significa «tutti i palestinesi». I nove milioni di palestinesi della Cisgiordania, di Gerusalemme est, della Striscia di Gaza, di Israele, senza dimenticare quelli profughi in ogni parte del mondo.
Bene, suppongo che se per un intervento divino Israele dovesse scomparire dal mondo, sarebbero molto pochi i palestinesi che verserebbero una lagrima. Come sarebbero molto pochi gli israeliani che verserebbero una lagrima se, ancora per un intervento divino, tutti i palestinesi sparissero dalla faccia della terra, e magari ci sarebbe pure qualche israeliano che si offrerebbero di dare una mano a Dio onnipotente in questa operazione. Chssà , forse se gli amici evangelici di Romney pregano abbastanza, il loro Dio potrebbe far sparire anche tutti i russi, cinesi, nord-coreani, iraniani e una varietà di altri «malfattori».
Disgraziatamente queste fantasie appartengono al regno dei sogni e degli incubi. Nel mondo reale i popoli non scompaiono nel nulla perfino dopo grandi sforzi genocidi, e neanche possono essere sradicati dai loro nemici stranieri gli stati che possiedono bombe nucleari.
Conosco molti palestinesi e nessuno di loro crede che Israele possa essere annientato. Da quando Yasser Arafat sul finire del ’73 decise di dover arrivare a un accordo con Israele, la grande maggioranza dei palestinesi vuole un accordo che gli consenta di stabilire un loro stato in una parte della Palestina storica. E’ quella che si conosce come «la soluzione dei due stati».
E quella che l’attuale governo israliano non vuole, perché non è disposto a rinunciare al 22% della Palestina storica che si convertirebbe nello stato di Palestina. Non avendo alcuna alternativa praticabile da contrapporre, i portavoce del governo israeliano ripetono che «questo conflitto non ha soluzione».
Uno dei padri di questo slogan è Ehud Barak. Dopo il fallimento del vertice di Camp David, nel 2000, Barak, che era allora primo ministro, pronunciò la celebre frase «non abbiamo nessuna controparte per la pace». Dato che Barak era la causa principale del fallimento del vertice, coniai per lui il termine di «criminale di pace».
Grato, Netanyahu ha ripreso il grido di Barak e ora la grande maggioranza in Israele crede implicitamente a questo messaggio.
«Non c’è soluzione» equivale a dire che «tutto continuerà come adesso». Questo è un errore. Niente continua come prima. Le cose si muovono senza sosta, gli insediamenti dei coloni si estendono, i palestinesi torneranno a ribellarsi, il mondo è in un costante processo di cambiamento, il mondo arabo sta mutando, verrà un giorno in cui un presidente Usa metterà gli interessi degli Stati uniti davanti a quelli di Israele. A che punto saremo allora?
Altro che «due stati»!
L’essenza del messaggio di Romney è che la soluzione dei due stati è morta. Questo mi ricorda la famosa frase di Mark Twain: «La notizia della mia morte era una esagerazione».
Adesso è di moda dirlo. Fa tendenza. Tuttavia gente diversa ha ragioni diverse per sostenere che la soluzione dei due stati è morta sono diverse. I genitori, i maestri, i pedofili e i cannibali dicono tutti di amare i bambini. Però le ragioni per cui li amano non sono le stesse. E questo vale anche per gli aspiranti becchini della soluzione dei due stati. Fra loro si può annoverare una fauna molto varia.
1)Gli idealisti, che sperano che la gente di diverse nazioni viva insieme in armonia e uguaglianza dentro uno stesso stato (mi piacerebbe che costoro studiassero la storia dell’Unione sovietica, di Jugoslavia, Cecoslovacchia, Cipro, Sudan e pure la situazione attuale dei francesi in Canada, degli scozzesi in Gran Bretagna, dei faimminghi in Belgio e dei baschi e catalani in Spagna).
2)Gli arabi, che davvero credono che questo sia un modo pacifico per disfarsi di Israele.
3)I coloni israeliani, che vogliono la totalità della Palestina storica sotto il loro dominio esclusivo e, possibilmente, «ripulita» dai non-ebrei.
4)Gli israeliani in generale, che credono che gli insediamenti abbiano creato una situazione ormai «irreversibile» (Meron Bienvenisti, un ex-vicesindaco di Gerusalemme, inventò questo aggettivo già negli anni ’80 quando negli insediamenti la popolazione era meno di 100 mila coloni. Allora gli risposi che niente è irreversibile, eccetto la morte. Le situazioni create dagli essere umani possono essere cambiate da altri esseri umani).
5)Gli anti-sionisti, fra cui gli ebrei santi-sionisti, che odiano il sionismo indiscriminatamente con tutti i suoi aspetti buoni e cattivi, e che ritengono l’esistenza stessa di uno stato «ebreo» un abominio;
6) I musulmani fanatici, che credono che la Palestina sia una terra islamica per cui anche cederne una sua parte a non musulmani è un peccato mortale.
7)Gli ebrei fanatici, che credono che tutto Eretz Israel, dal Nilo all’Eufrate sia stato promesso da Dio agli ebrei, per cui cederne una sua parte a non ebrei è un peccato mortale.
8)I cristiani fanatici, che credono che la seconda discesa di Gesù Cristo sulla terra sarà possibile solo dopo la riunificazione di tutti gli ebrei in questo paese (senza che in esso vi sia spazio per nessun altro).
Mi scuso se mi sono dimenticato di qualcuno.
Alcune di queste persone hanno inventato una cosa chiamata «soluzione di uno stato». Ma si tratta di un ossimoro. L’ipotesi di un solo stato è soltanto un «problema» non una «soluzione».
Di tanto in tanto vale la pena tornare ai fatti fondamentali della nostra vita: ci sono due popoli che vivono in questo paese; nessuno dei due scomparirà dalla faccia della terra: sono qui per restarci; se gli arabi palestinesi che vivono in questo paese sono ancora una minoranza, molto presto saranno la maggioranza; entrambi i popoli sono fortemente nazionalisti; entrambi sono differenti per cultura, lingua, religione, riferimenti storici, strutture sociali, standard di vita; al momento, dopo più o meno 130 anni di continuo conflitto, fra loro esiste un odio intenso.
Le possibilità che questi due popoli riescano a vivere in pace all’interno di un solo stato, servendo negli stessi esercito e polizia, pagando le stesse imposte e osservando le stesse leggi promulgate dallo stesso e comune parlamento, sono nulle.
Le possibilità che questi due popoli possano vivere in pace fianco a fianco in due stati, ciascuno con la propria bandiera e il proprio governo eletto (e con la propria nazionale di calcio), invece esistono. Questa coesistenza potrà assumere forme differenti: da una confederazione con frontiere aperte e libera circolazione fino a strutture in evoluzione, come quelle dell’Unione europea.
Spero che questo non sia troppo complicato da capire per Mitt Romney. Ma potrebbe rivelarsi irrilevante se – come spero ardentemente – non verrà eletto.
Non mi piacerebbe affatto che un simile ignorante abbia l’opportunità di apprendere le cose del mondo sulle nostre spalle.
* Traduzione di Maurizio Matteuzzi
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