by Sergio Segio | 20 Ottobre 2012 6:31
E’ precisamente questo, che vorrebbe evitare l’Unione bancaria, un nuovo figliolo che l’Europa attende di poter battezzare dal 2013 in poi: vorrebbe scongiurare un altro caso Abn-Amro, un focolaio di contagio che di colpo fa salire la febbre in un intero sistema, nella zona euro e oltre. Ecco dunque l’antidoto, o l’antibiotico, concepito per assicurare la prevenzione e la risoluzione delle crisi, e nei casi più seri la ricapitalizzazione delle banche: per garantire, in generale, la stabilità finanziaria della casa europea contro i vari virus Lehman Brothers, o Northern Rock, e per troncare il circolo vizioso fra il debito sovrano degli Stati e quello delle banche. Il medicinale è suddiviso in varie dosi: un’autorità di vigilanza centralizzata, e cioè un controllore-supervisore unico per tutte le seimila banche dell’eurozona, già individuato nella Banca centrale europea; poi, un sistema di gestione e mutua protezione nelle situazioni di crisi (le regole prudenziali contro i rischi ci sono già e valgono per tutti, sono le regole della Bce, ma ci vuole anche qualcuno che lo ricordi ai più distratti). Infine, terza dose della cura sarà un sistema parallelo di garanzia dei depositi bancari, cioè dei risparmi dei cittadini, ideato anche per scoraggiare in partenza (si spera) gli appetiti della speculazione: una classica arma anti-panico. E secondo gli auspici non mancherà neppure un meccanismo per la liquidazione delle banche «irrecuperabili», in via di fallimento, ancora una volta per fermare la diffusione del contagio.
Ieri, a Bruxelles, dal vertice dei leader Ue è giunta la notizia che la cornice legislativa della riforma sarà pronta per il primo gennaio 2013, e che nei mesi successivi fino al 2014 si passerà gradualmente alla fase attuativa.
Tutto a posto, dunque? Non è detto. Anzi, è detto il contrario: sul percorso di nascita dell’Unione bancaria ci sono ancora molte spine. Per prime, le spine tedesche: Angela Merkel vorrebbe imporre per ora l’ombrello della supervisione solo alle grandi banche internazionali operanti nell’eurozona, e tenerne fuori le piccole casse di risparmio tedesche, gelose della loro autonomia, e più di una volta aiutate da Berlino. Come sempre, la solidarietà è un dovere ma lo è soprattutto a casa propria.
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