Squinzi: le imprese muoiono di fisco

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CAPRI — Governo Monti «under pressure». I giovani imprenditori l’altro giorno hanno lanciato l’allarme «confisca», ieri il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi è tornato a criticare l’azione di Palazzo Chigi. «Il governo sta facendo delle cose ma non tutto quello che sarebbe necessario per il salto di qualità ». E la prima che dovrebbe fare è abbassare la pressione fiscale perché le imprese «stanno soffrendo, forse anche morendo di fisco». Poi osserva, confermando le criticità  denunciate dal direttore generale Marcella Panucci nella sua audizione alla Camera, che la «legge di Stabilità  contiene molto poco per la crescita, in questa direzione si doveva fare uno sforzo maggiore». Per Squinzi questo provvedimento «è la prova che l’esecutivo tecnico non riesce a portare fino in fondo le decisione prese perché manca una base politica e una visione di medio lungo termine». Male anche la spending review che per il titolare della Mapei è «solo un aperitivo, noi ci attendiamo anche il primo e la seconda portata». Ma la grande zavorra che blocca la crescita per Squinzi è la pressione fiscale che in Italia è vicina al 50% contro il 33-35% della media europea. E qui, ancora una volta, offre a Monti la rinuncia dei fondi-aiuti alle imprese in cambio di un vero allentamento delle tasse. «Dei 30 miliardi emersi dal rapporto Giavazzi — spiega Squinzi — 2,7-2,8 sono incentivi dati alle imprese private, ecco noi ne facciamo volentieri a meno ma il governo ci tolga un po’ di tasse dello stesso valore». Agendo specialmente sull’odiata Irap che colpisce anche le imprese che non fanno utili. La platea applaude ma resta ammutolita quando dalla postazione web collegata con i social network si diffonde la notizia che Silvio Berlusconi ha cambiato idea e si presenta di nuovo. Brusio e stupore, l’idea che il Cavaliere torni in pista lascia di stucco i giovani imprenditori che non sembrano accogliere con entusiasmo la prospettiva. Di applausi neanche l’ombra. Dario Laruffa, nel ruolo di moderatore, supera l’impasse e si ritorna all’agenda dei lavori e della pressione fiscale. 
Pur difendendo la linea del «rigore» — perché «non c’era alcuna alternativa» — anche il direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni riconosce le ragioni degli imprenditori sul caro-tasse. «Bisogna riallocare il carico fiscale — spiega — ridurre le imposte sulle imprese e sul lavoro trovando i fondi altrove, attraverso la riduzione delle spese improduttive, dell’evasione e, nei limiti del possibile, caricando le quote più alte di reddito e ricchezza del Paese». Una prospettiva possibile «solo con l’impegno di tutte le forze politiche». Squinzi parla di lotta all’evasione che Confindustria più volte ha cifrato in circa 120-130 miliardi di euro non versati all’erario ogni anno, e ritiene che l’azione del governo nel colpire i Suv, i negozi a Cortina e la nautica sia stata spettacolare ma abbia scoraggiato i consumi. «Meglio sarebbe — continua il leader degli imprenditori con il suo modo pacato ma netto nel definire i concetti — introdurre la completa deducibilità  di alcune spese come i lavori di ristrutturazione edile che quasi sempre ci vengono offerti in nero».
Sulle prospettive di crescita qualche barlume positivo arriva da Saccomanni quando spiega che uno «spread Btp con i Bund a 300 punti è compatibile con il trend di recupero dell’economia previsto nel corso dell’anno prossimo». Certo a 200 sarebbe meglio «tenuto conto dei nostri problemi strutturali e del nostro livello di debito». Pensare che le banche, come hanno chiesto gli imprenditori in questa due giorni caprese, tornino ad allargare i cordoni della borsa sembra tuttavia prematuro. Lo dice senza tanti giri di parole l’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni: «Non dobbiamo farci illusioni sul fatto che il credito tornerà  a essere abbondante come nel 2007, il mercato interbancario di fatto non è ancora ripartito, incidono le nuove regole di Basilea 3, e noi dovremo per forza essere più selettivi». E infine la produttività . Squinzi conferma il suo ottimismo: «Presto arriveremo a una intesa seria, non un accordicchio, e ci sarà  anche la Cgil».
Roberto Bagnoli


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