Se il rock finisce al fresco

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Lo raccontano in Jailhouse Rock Patrizio Gonnella e Susanna Marietti, esperti di giustizia per Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, e appassionati di musica. Hanno raccolto le storie di artisti che prima o poi hanno conosciuto la prigione e ne hanno fatto un programma per Radio Popolare, in onda la domenica sera, e un libro edito da Giunti. «Se fai parte del mondo del rock sei paradigmaticamente un trasgressore e, altrettanto paradigmaticamente scatta la repressione. Ma se questi personaggi vengono bacchettati, la bacchettata raramente è dolorosa», dicono i due.
Il recordman è Jim Morrison: nel suo faldone ci sono 10 arresti. Quello più famoso risale al ’69 quando, durante un concerto coi Doors a Miami, minacciò di mostrarsi come mamma l’aveva fatto. Se poi abbia veramente esibito i gioielli non è mai stato chiarito, fatto sta che venne condannato a 6 mesi per oltraggio al pudore, turpiloquio e ubriachezza.
Un altro episodio che ha contribuito a formare l’epica rock è la retata della polizia inglese a un festino dei Rolling Stones nel 1967: più che per la droga trovata (costò una giornata al fresco a Jagger e Richards) la si ricorda per Marianne Faithfull ritrovata con un tappeto di pelliccia addosso e un mai confermato ufficialmente Mars fra le gambe. Keith di problemi, sempre per droga, ne ha avuti altri, ma non è che i Beatles siano stati da meno.
John Lennon, Paul McCartney e George Harrison sono stati arrestati, in occasioni diverse, per possesso di marijuana e hashish. Ringo è l’unico ad avere la fedina pulita. Nel 1976 sempre l’erba ha regalato una notte in cella a David Bowie: la foto segnaletica che lo ritrae elegantissimo è stata scattata giorni dopo al processo. Più lunga la carriera «criminale» di Jimi Hendrix: due auto rubate in gioventù, una stanza d’albergo devastata a Stoccolma nel ’68 e della droga in valigia all’aeroporto di Toronto nel ’69. Negli anni Sessanta il rock era guardato con sospetto e molte star erano controllate dall’Fbi come sovversivi. Bastava poco per finire nei guai. Nel ’69 Janis Joplin venne fermata, processata e condannata a 200 dollari di multa per aver insultato i poliziotti che a Tampa interruppero un suo show per le intemperanze del pubblico.
Ci sono anche storie italiane. Chet Baker che passò 4 mesi nel penitenziario di Lucca dopo essere stato trovato con una siringa nel braccio, i due arresti per droga per il «solito sospetto» Vasco Rossi, Roberto Murolo accusato (e assolto) di molestie. E il carcere per spaccio per Roberto Vecchioni. Un ragazzo lo aveva denunciato accusandolo di avergli passato uno spinello, ma quando aveva ritrattato le accuse il giudice era in vacanza e Vecchioni rimase in cella 4 giorni. Gli venne l’ispirazione per «Signor Giudice». Anche George Michael ha sfruttato artisticamente l’esperienza. L’indimenticabile arresto per le avances in un bagno pubblico a un poliziotto in borghese è finito nel video di «Outside». Sempre una clip ha messo nei guai Erikah Badu: condannata a 6 mesi (con la condizionale) nel 2010 per essersi spogliata in strada durante le riprese di «Window Seat».
Il sesso è la causa numero 2. Ci sono le orrende accuse di pedofilia per star come Gary Glitter, più volte nei guai in passato, arrestato e rilasciato su cauzione proprio ieri per lo scandalo Savile, il presentatore della Bbc accusato di oltre 300 casi di abusi e molestie. Ma anche l’adulterio, nel 1938 era reato, di cui dovette rispondere un giovane Frank Sinatra, mai finito invece a giudizio per le sue sospette amicizie mafiose. Più gravi i fatti che nel 2004 fecero condannare Bertrand Cantat a 8 anni di carcere in Lituania: l’omicidio della fidanzata Marie Trintignant, finita in coma dopo una lite violenta in cui aveva sbattuto la testa. Scatta il sorriso a pensare ad Ozzy Osbourne in manette per aver fatto pipì sull’Alamo, monumento nazionale texano. Ma c’è anche chi ha pagato per le proprie idee con la reclusione. Come le Pussy Riot, condannate per le loro critiche a Putin, o Caetano Veloso e Gilberto Gil che nel 1968 passarono due mesi in carcere prima di autoesiliarsi dal Brasile. Fu un’altra dittatura, quella di Pinochet, a uccidere Victor Jara. Il giorno del golpe contro Allende il cantautore venne deportato con altre 5 mila persone nello stadio di Santiago dove morì per le torture. Il regime cileno vietò la trasmissione e la vendita della sua musica e distrusse i master delle sue registrazioni. Solo alcune sono state salvate dalla moglie. Perché la musica vola sempre oltre le sbarre.


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