Scozia verso l’indipendenza Fra due anni il referendum

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LONDRA — Senza acrimonia e come vecchi amici, David Cameron e Alex Salmond si sono stretti la mano a Edimburgo per ratificare il patto che porta dritto al referendum per l’indipendenza della Scozia: si voterà  nell’autunno del 2014 e si esprimeranno anche i sedicenni. La posta in gioco è sicuramente storica ma il premier britannico e il leader scozzese si sono comportati come due gentiluomini evitando di drammatizzare e trovando un punto di mediazione. Cameron ha dovuto cedere sia sulla data (avrebbe preferito anticiparlo per non dare tempo alla propaganda secessionista di acquisire proseliti) sia sull’allargamento della base elettorale (le percentuali dei giovani favorevoli al distacco da Londra sono in crescita). Salmond, che è il numero uno dello Scottish National Party, si è invece piegato sul quesito che sarà  uno solo e secco: si o no al Regno Unito. Gli sarebbe molto piaciuto inserirne un secondo, una sorta di scappatoia, sui maggiori poteri da devolvere a Edimburgo: se non separazione, più devoluzione.
Furbo e abile, Alex Salmond sa infatti che la maggioranza dei suoi concittadini e compatrioti è nazionalista ma non indipendentista, che vuole più autonomia ma non l’addio traumatico. Con due quesiti referendari avrebbe comunque vinto la partita. Con un quesito, e per giunta tanto chiaro, la scommessa di Salmond diventa un azzardo. Ma lui confida: anche alle elezioni nel 2011 era dato per perdente, poi nelle ultime settimane mise al tappeto laburisti, liberaldemocratici, conservatori, la schiera degli «unionisti», e vinse nella sua Scozia divenendone «First Minister».
Il referendum sarà  completamente «made in Scotland». Londra e Edimburgo per qualche settimana hanno alzato un po’ la voce sul diritto scozzese di organizzare la consultazione lasciando Westminster fuori dai giochi. E alla fine il compromesso è stato che il Parlamento britannico approverà  una legge che «garantisce a Holyrood» (la vecchia residenza dei monarchi scozzesi) «il potere di tenere un referendum sull’indipendenza con un’unica domanda». Cameron e Salmond hanno siglato l’accordo quadro ma l’organizzazione e la data (probabile l’ottobre 2014) saranno di competenza esclusiva delle autorità  scozzesi. Due anni di campagna elettorale sono lunghi e i toni per provare a cancellare gli «Atti di Unione» del 1707 si accenderanno. Per il momento prevale il fair play. David Cameron sottolinea che «questa era la decisione giusta da prendere», la maggioranza degli scozzesi ha dato la preferenza a un partito che insisteva per la consultazione e «io faccio in modo che si svolga e sia legale». Alex Salmond parla di «passo decisivo nel viaggio verso l’autogoverno di una florida, progressista e indipendente Scozia». Le intenzioni di voto per la separazione non superano a oggi il 32/35 per cento.
Abbasso Londra, viva Londra. Alex Salmond porta a casa il referendum che aveva promesso ma se perde si ritrova con un pugno di mosche in mano: che farà  dopo? David Cameron, sulla carta, ha la prospettiva di passare alle storia (evento poco probabile) come l’ultimo premier del Regno Unito. Ed Miliband leader laburista ha pure di che preoccuparsi perché, se la Scozia (bacino di consensi per il suo partito) se ne va, a Westminster lui si ritrova una maggioranza tory per altri 30 anni. Sarà  un referendum interessante per molte ragioni, storiche e politiche. Tranquilli i Windsor: i secessionisti hanno giurato che non abbandoneranno il Commonwealth e che Elisabetta manterrà  la posizione di capo di Stato. Comunque finirà : God Save the Queen.
Fabio Cavalera


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