Sanatoria, 134 mila domande. Dalle aspettative al flop

by Sergio Segio | 16 Ottobre 2012 11:45

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Roma – Alla mezzanotte di ieri, ultimo giorno utile per la sanatoria 2012, risultano 134.576 le domande arrivate. In totale, per il settore domestico sono 115.969, mentre per il lavoro subordinato sono 18.607.  

Le stime. Secondo le stime della Fondazione Moressa di Mestre rese note alla vigilia della procedura, la sanatoria avrebbe dovuto interessare circa 380 mila lavoratori. La maggior parte in Lombardia (quasi 118 mila, il 31,1% del totale). Si era previsto anche che il settore con il maggior numero di emersioni sarebbe stato quello dei servizi alle persone (111 mila) soprattutto per il lavoro domestico. Un altro 21,9% (83 mila unità ) avrebbe dovuto riguardare il settore della manifattura e il 12,4% (47 mila) l’edilizia. Numeri inferiori per il commercio (10,6%), i servizi alle imprese (11,0%), gli alberghi (9,9%) e l’agricoltura (4,9%).
Il ministro per la Cooperazione e l’Integrazione Riccardi aveva dichiarato di aspettarsi tra le 100 e le 150 mila domande.

Un flop annunciato. Dopo pochi giorni dall’inizio della procedura, associazioni e sindacati hanno evidenziato le ragioni di un avvio stentato: il 25 settembre le domande erano appena 28 mila. Questo il commento dell’Asgi, associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione: “Di sicuro ci sarà  una forte discrasia tra il numero di lavoratori che effettivamente hanno bisogno di una regolarizzazione e quelli che la otterranno”. Due i motivi: “Uno di ordine economico, perché in molti saranno costretti a pagarsi i contributi, anche se non dovrebbe accadere, e non avranno abbastanza soldi per farlo. L’altro è per la restrizione dell’accesso: molti lavoratori non possono fare richiesta. Per esempio, migranti a cui hanno controllato i documenti in un Paese dell’area Schenghen. Un’esclusione insensata”.

L’ostacolo della prova di presenza. Uno dei punti più controversi, che secondo le associazioni ha rappresentato un ostacolo alla regolarizzazione, è stato quello di come dimostrare la presenza in Italia almeno dal 31 dicembre 2011. Le faq – frequently asked question – pubblicate sul sito del ministero dell’Interno parlavano di “organismi pubblici” deputati a certificare la presenza, senza specificare quali fossero in pratica le prove attendibili. La risposta è arrivata solo il 4 ottobre da parte dell’Avvocatura dello Stato – poi fatta propria dal Viminale – che ha fornito gli esempi: sì a tessere degli autobus, schede telefoniche, certificazioni mediche provenienti da strutture pubbliche;  certificati di iscrizione scolastica dei figli del lavoratore; sanzioni stradali e multe di ogni genere; attestazioni di enti di accoglienza e ricovero autorizzati, anche religiosi. Un chiarimento che ha riaperto le sorti della sanatoria, facendo triplicare il trend degli invii. Il record delle domande inviate si è avuto venerdì 12 ottobre: circa 11.500.

Disattesa la richiesta della proroga. Alla fine la proroga non c’è stata. Associazioni e sindacati, soprattutto dopo il chiarimento sulle prove di presenza, hanno chiesto un rinvio fino al 15 novembre, ma il governo non l’ha concesso.

Tutti badanti? E’ credibile la genuinità  degli invii per quanto riferito ai settori? Questi i dubbi sollevati da Giuseppe Casucci, Uil: “Il Marocco, tradizionalmente assente dal settore domestico, ha inviato domande soprattutto per quel settore. Lo stesso dicasi per il Bangladesh, l’Egitto, il Pakistan, il Senegal e la  Tunisia. Sorge d’obbligo una domanda: se questi Paesi non hanno mai lavorato nel settore domestico, come mai le domande sono concentrate in quell’area di attività ? La risposta appare banale: perché i costi per una richiesta relativa a colf e badante non supera i 2 mila euro (tra una tantum e contributi previdenziali), mentre in settori come l’edilizia o commercio, agricoltura il costo può essere da tre a cinque volte maggiore.

Adesso scattano denunce e vertenze. Oggi entra in vigore il decreto legislativo 109/2012 che prevede 5 mila euro di multa e l’arresto fino a sei mesi per chi dà  lavoro a un immigrato senza permesso di soggiorno. E i sindacati annunciano vertenze contro quei datori di lavoro che non hanno voluto regolarizzare.

“Un’occasione mancata”. Amari i commenti. Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci: “Un’occasione mancata, con conseguenze negative non solo per gli interessati, che continueranno nella loro condizione di irregolari, ma anche per le casse dello stato, visto il mancato gettito fiscale”. Luciano Gualzetti, della Caritas Ambrosiana: “L’esito modesto della sanatoria mostra come la politica dei condoni in materia di immigrazione clandestina mostri ormai la corda: è tempo di una nuova legge per regolarizzare gli ingressi di manodopera straniera”. Piero Soldini, responsabile nazionale Cgil: “Si è regolarizzato il lavoro che non c’è ed è rimasto in nero quello reale”.

 

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