Ruberie, sprechi e baronaggio feudale ecco perché lo statuto speciale va abolito

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ANCHE la casta a Palermo diventa pittoresca e tragica, la “casta con le sarde”, supercasta speciale come lo Statuto che andrebbe finalmente cancellato — se non ora quando? — da un governo che fosse davvero antisprechi. È infatti lo Statuto, solo lo Statuto, che ha trasformato il deputato regionale in un grassatore, in un mediatore, in un Batman con i mustazzi unti di “stigghiola”. Esistono Regioni d’Italia in cui lo Statuto speciale è virtuoso o magari soltanto utile e storicamente giustificato, ma sicuramente in Sicilia l’autonomia deve essere abolita per bancarotta economica, politica e morale.
E BISOGNA cancellarla dalla Costituzione, come atto d’amore verso una terra meravigliosa, e liberare i siciliani da un baronaggio feudale che dissipa il più grande tesoro del Mediterraneo e non parlo solo del buco di 5,3 miliardi e delle spese che nel 2012 supereranno i 27 miliardi.
L’Autonomia ha prodotto un ceto parassitario senza uguali in Europa che non gestisce risorse locali, se non in minima parte, e che lucra per se stesso più dei laziali. Il deputato guadagna tra i 15 e i 20 mila euro netti al mese tra stipendio, diaria, spese per lo svolgimento del mandato e indennità  di soggiorno. Il rimborso ai gruppi raggiunge il record di 12 milioni l’anno. È una “specialità  costituzionale” quella del più ricco Parlamento regionale d’Italia, che costa 170 milioni di euro, due volte più del Lazio e cinque volte più della Lombardia. Lo Statuto speciale trasforma in liquame infruttuoso questo enorme fiume di danaro statale ed europeo, non Nilo che nutre con il suo limes ma fogna a cielo aperto che sporca anche le buone intenzioni e che periodicamente costringe l’Europa a intervenire: meno di un mese fa sono stati bloccati «perché sprechi » finanziamenti per 90 milioni, e 150 milioni sono stai chiesti indietro «per vizio e irregolarità », e già  nel luglio scorso l’Europa aveva bloccato altri 600 milioni. Ebbene, dal 2007 al 2013 l’Europa ha destinato alla Sicilia un totale di sei miliardi e mezzo di euro che la Regione non riesce a spendere, se non in minima parte.
L’Autonomia, con i suoi superpoteri di controllo capillare del territorio, ha modificato, come dicevamo, anche l’antropologia della casta, che qui non è solo prepotenza e satrapia, è anche mafia, anch’essa speciale, con un eccesso da ultima provincia che ha reso per esempio i presidenti umanamente impresentabili, politicamente
imbarazzanti, tutti penalmente compromessi, e bisognerebbe metterli in fila: Drago, Provenzano, Cuffaro, Lombardo, una folla di baffi da cartolina, tutto un frantumarsi di cannoli, respiri da aliti guasti, panze e nevrosi e una plebe di questuanti bisognosi, precari, clienti, con uno staff, quello di Lombardo, composto da 1.400 fidatissimi giannizzeri, e per tutti ci sono indennità , contributi, diarie, perché il deputato siciliano decide in totale autarchia il costo della propria politica ed è soltanto tenuto a dichiarare di averli spesi bene.
Il presidente Lombardo guadagna di solo stipendio netto 15mila euro. Aggiungendo indennità  e diarie, Lombrado supera di gran lunga Obama. E non si può dire che le
first lady seguano modelli di eleganza, non importa se Michelle o la signora Romney. E basti pensare che lady Lombardo, grazie alla Santa Autonomia, ha persino cercato di sanare con una legge ad personam una casa abusiva nella riserva naturale di Ispica, nientemeno.
E si capisce che il deputato appena eletto si senta il re di Palermo come Toni Servillo che nel film di Ciprì si compra la Mercedes e se ne va in giro — «mi sento il re di Palermo » — mentre gli turbinano attorno gli ottanta cavalli della Regione accuditi da 40 palafrenieri (due milioni di euro) e i cannoli, i carretti, Monte Pellegrino,
santa Rosalia, l’opera dei pupi e tutta la cianfrusaglia della sicilianità  e della sicilitudine, della specialità  appunto che è anche malessere psicologico e blabla letterario, alibi intellettuale del fallimento dell’Autonomia che è, nonostante gli sforzi dell’assessore Massimo Russo, la sanità  peggiore d’Europa, nove miliardi (proprio miliardi) di euro l’anno, 50mila dipendenti, e poi le strade più scassate e più sporche d’Italia, le scuole degradate, i trasporti interurbani radi e inefficienti, i porti interrati e caotici, le aree industriali abbandonate (le cosiddette Asi), le città  coperte di rifiuti, lo scandalo dell’aeroporto di Comiso, pronto e fermo, dove il sindaco gioca al pallone e si sfoga a correre con le sue auto di lusso, il naufragio del sogno industriale di Termini Imerese, la mancanza di un piano energetico, l’attesa vana
di un collegamento autostradale Nord-Sud, la catastrofe dell’agricoltura, lo scempio ambientale di Milazzo, il nanismo turistico … Il 60 per cento dei beni culturali italiani si trova in Sicilia. Ad ogni passo ci sono siti archeologici, necropoli, cave, anfiteatri, templi, rovine islamiche e resti fenici, reperti dell’età  del bronzo, testimonianze di sicani, saraceni, normanni, borboni e persino enclave dell’impero britannico. Ebbene solo l’Unesco riesce ogni tanto a mitigare gli orrori e gli scempi culturali della Regione che mantiene per esempio 1.750 custodi (11 per sito contro i 4 della Toscana) ma abbandona, degrada e nel pomeriggio chiude i musei e i siti, compresa Selinunte che è il più grande parco archeologico del mondo.
Davvero non c’è nessuna ragione per tenere in vita questa sterminata ‘casta con le sarde’ che inchioda la società  siciliana ad un’arretratezza senza speranza. Anche la campagna elettorale, 11 candidati, 12 milioni di euro, somiglia a una lotta di capitribù e di stregoni che solo lo statuto regionale rende potenti, mediatori tra lo Stato e la popolazione come i baroni feudali, come i viceré. Scriveva Sciascia: «â€˜Ncapu a lu re c’è lu viceré. Al di sopra del re c’è il viceré, di fatto più potente. E regredendo di vice in vice (…), uscieri, autisti e camerieri stanno al di sopra di ogni burocratico o politico monarca». Ecco perché ogni dipendente è inseguito da una plebe affamata di favori. E i dipendenti sono 29mila, più di quanti ne ha la Casa Bianca, pagati come i funzionari del Senato grazie ad una delibera, una delle prime, che risale infatti al novembre de 1948, tanto per andare alle radici di questa altisonante Autonomia che debutta nel 1947 e anche storicamente nasce male, in difesa dei privilegi degli agrari e dei viceré minacciati dal “vento del nord”, come lo chiamava Pietro Nenni. E si riferiva ai partigiani, alla Resistenza, al social comunismo. Del resto solo strumentalmente la sinistra divenne autonomista, per dare un orizzonte progressista all’eversione del separatismo e del banditismo, all’esercito di Antonio Canepa e alle lupare di Salvatore Giuliano, alimentate da pezzi del vecchio stato fascista e monarchico che non accettavano il 25 luglio, l’8 settembre e il 25 aprile.
Ecco perché l’Autonomia, che nacque dagli egoismi di classe senza progetto, naturaliter finisce oggi nelle clientele rivendicazioniste di Raffaele Lombardo — «Ulisse fu il primo colonialista del Nord e Polifemo la prima vittima, il primo eroe siciliano!» — e dunque nelle sue consulenze, che sono ben 700, per otto milioni e mezzo di euro, e ci sono, tra loro, persino velisti e pianisti. Lombardo ha nominato un carcerato, Eugenio Trafficante, presidente del collegio dei sindaci di Sicilia Servizi. E al cinema Odeon di Catania ha presentato la candidatura del figlio Toti che gli ha detto: «Papà , porterò avanti il tuo sogno». E c’erano la mamma, nonna Saveria e in prima fila direttori sanitari, dirigenti regionali, lo zio Angelo, tanti medici, Gianfranco Micciché: «I giornalisti mi chiedono se sono il trota o un tonno». Papà : «Un pesce-cane». E lui: « Io non sono un pesce». Così a Catania Toti Lombardo è subito diventato “u porcu cani”, il porco cane.
Perfettamente il pittoresco e il grottesco si addicono all’Autonomia che davvero è un delitto, lo strumento attraverso cui i siciliani vengono asserviti. Ed è scandaloso che il governo Monti abbia ancora una volta pasticciato come tutti i governi di sempre e abbia finanziato con un miliardo di euro, in deroga al patto di stabilità , i soliti industriali del ficodindia, i vice-vicerè e i forestali che in Sicilia sono tanti quanti gli incendi che alimentano. Eppure ci vuol poco a capire che la vera autonomia della Sicilia sarà  la liberazione dagli autonomisti.


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