Regioni, slitta la riforma Ma tetto agli stipendi
ROMA — La discussione è stata lunga anche perché nelle ultime settimane è partita una corsa ai tagli spontanei proprio per guadagnare il ruolo di primo della classe. Ma alla fine le Regioni hanno raggiunto l’accordo sulla riduzione degli stipendi, come imposto dal decreto legge sui costi della politica approvato dal governo dopo lo scandalo di Batman-Fiorito nel Lazio.
Diceva il decreto che tutte le retribuzioni dovevano essere portate al livello dell’amministrazione virtuosa. Ed ecco la lista che ieri le stesse Regioni hanno presentato al governo: il presidente guadagnerà 7.400 euro netti al mese, comprensivi di tutte le indennità , mentre in alcuni casi oggi arriva a 14 mila. Il modello è quello dell’Umbria. I consiglieri regionali scenderanno a 6 mila euro netti al mese, sempre comprensivi di tutte le voci, mentre oggi possono arrivare anche a 12 mila. Su questa voce il riferimento è l’Emilia Romagna. Per i contribuiti ai gruppi consiliari, proprio la voce che aveva portato al caso Batman, si scenderà a 5 mila euro l’anno per ogni consigliere, con un risparmio che le stesse Regioni calcolano in 40 milioni l’anno. In questo caso il modello è l’Abruzzo. Non tutti sono d’accordo, però. Le Regioni a statuto speciale hanno criticato il decreto e la Valle D’Aosta ha già annunciato ricorso alla Corte costituzionale.
Sulle Province, invece, il Consiglio dei ministri di ieri si è limitato a una breve presentazione: il via libera al decreto legge con la nuova mappa dovrebbe arrivare oggi. Diversi i nodi ancora da sciogliere, in particolare i confini di alcune città metropolitane come Milano, Venezia, Firenze e Bari che potrebbero allargarsi rispetto al territorio delle attuali Province. In Senato, intanto, slitta l’approdo in aula del disegno di legge sul titolo V della Costituzione. In commissione presentati già un centinaio di emendamenti.
Nella riunione di governo di ieri è stato anche nominato il direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale, incarico che va ad Agostino Ragosa, attuale responsabile dell’Innovazione e dello sviluppo di Poste italiane. Ed è stato approvato il cosiddetto disegno di legge infrastrutture proposto dal viceministro Mario Ciaccia, una serie di semplificazioni nel campo dell’edilizia, che definisce anche le procedure della consultazione pubblica per le grandi opere. Un pacchetto che, visto il poco tempo rimasto prima della fine della legislatura, non ha molte probabilità di diventare davvero legge. A meno che alcune parti non vengano stralciate e agganciate a uno dei decreti già in Parlamento da votare poi con la fiducia. Una strada, quella della fiducia, seguita più volte dal governo e annunciata di nuovo ieri al Senato per il decreto Sanità . Il Consiglio dei ministri riprende stamattina per chiudere sulle Province e anche su altri temi. Primo fra tutti il recepimento della direttiva comunitaria che fissa un tetto di 30 giorni per i pagamenti della Pubblica amministrazione. Ma anche la questione del Ponte sullo Stretto di Messina, con il possibile congelamento del progetto per evitare di dover pagare subito le penali previste dal contratto.
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