Produttività e salari, l’intesa non c’è
BOLZANO — Niente accordo sulla produttività . Almeno per ora. Con disappunto del premier Mario Monti che contava di presentarlo al Consiglio europeo. Non è bastato un mese di trattative: le differenze di interessi e vedute nelle associazioni imprenditoriali sono esplose nell’ultimo vertice di ieri mattina. Ma non tutto sembra perduto. Lo hanno detto sia il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che il ministro dello Sviluppo Corrado Passera arrivando a Bolzano per partecipare alla seconda edizione di una bilaterale economica italo-tedesca. «L’accordo non è saltato – ha commentato Squinzi – si tratta di una questione molto complessa e ci stiamo lavorando nell’interesse delle imprese e del Paese». Ottimista anche Passera: «Nessuna impasse sulla produttività , si continua a lavorare, quando ci sarà un accordo ce lo porteranno». Nessuno parla di tempi ma non saranno brevissimi. Prima di tutto dovrà passare la manifestazione Cgil di sabato e poi comincerà a pesare – sempre in casa Cgil – la partita delle primarie. Il sindacato di Susanna Camusso ieri ha addossato al governo la responsabilità del fallimento della trattativa. In una nota la Cgil si è detta disponibile «a proseguire il confronto» ma resta convinta che «l’intervento del governo, teso a delegittimare il sistema di rappresentanza delle parti sociali e la loro autonomia, ha impedito che il negoziato potesse entrare nella fase conclusiva». Una giustificazione che Passera, sempre da Bolzano, ha definito «priva di senso». «Il fatto che il governo abbia messo a disposizione 1,6 miliardi per far crescere la produttività – ha aggiunto – documenta la volontà di favorire l’accordo». Non di boicottarlo.
Al capezzale del patto mancato sono arrivati altri ministri. Il responsabile del Tesoro Vittorio Grilli si è detto pronto a erogare le risorse promesse di 1,6 miliardi non appena arriva l’intesa. Il ministro del Lavoro Elsa Fornero, parlando a un convegno degli agricoltori (Cia), ha puntato il dito sul punto che ha impedito la chiusura del negoziato: «Il tavolo sulla produttività deve tendere a ridurre gli automatismi nella variazione delle retribuzioni». È infatti sull’abolizione dell’indicizzazione Ipca (tra l’altro una delle richieste della troika), l’inflazione prevista al netto della componente energetica importata, che si è consumato lo strappo nel mondo delle imprese. Da una parte le banche (Abi), le compagnie di assicurazioni (Anie), le cooperative e i “piccoli” di Rete imprese Italia (artigiani e commercianti) che tendono sostanzialmente per lo smantellamento del contratto nazionale a favore di accordi territoriali. Una soluzione simile al modello tedesco. Dall’altra Confindustria che, insieme al sindacato, preferisce una produttività di sistema. E mirano alla detassazione del secondo livello (quello aziendale) con parametri più possibili legati alla produttività . E’ su questo snodo che il negoziato è saltato.
Nel pomeriggio, infatti, Confindustria ha disertato un ennesimo incontro tecnico tra sindacati e imprese. «È ormai noto che sono emerse posizioni articolate tra le imprese – ha spiegato Luigi Marino, presidente di Alleanza Cooperative – sono differenziazioni parziali e legate alle diverse tipologie d’azienda e alla volontà di dare un contributo effettivo all’impegno per la produttività ».
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