Produttività  e orario, un tavolo a perdere

by Sergio Segio | 19 Ottobre 2012 7:53

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La «trattativa sulla produttività » tra imprese governo e sindacati (Cgil, Cisl e Uil) sembra sul punto di essere conclusa già  nella nottata di ieri. Da più parti si affermava, con una certa concordia di parole, che «si stava facendo di tutto per chiudere». In modo da far partire Mario Monti per Bruxelles, ieri mattina, con in tasca un nuovo scalpo da mostrare ai colleghi del Consiglio della Ue.
I sindacati, in particolare, sembravano aver raggiunto un accordo tra loro. Sono state invece le imprese a dividersi, con Confindustria su «posizioni differenti» rispetto ad Abi (le banche), Alleanza delle cooperative, Ania (assicurazioni) e Rete Imprese (commercianti e artigiani). Nulla di grave, a stare alle dichiarazioni del presidente delle cooperative, Luigi Marino («differenziazioni parziali legate alle diverse tipologie d’impresa»). Ma in mattinata una nota della segreteria confederale della Cgil poneva come condizione necessaria di un accordo che il testo finale contenesse «la difesa del potere di acquisto dei salari nel contratto collettivo nazionale, legando aumenti di produttività  alla contrattazione di secondo livello; la misurazione proporzionale della rappresentanza nelle Rsu; la rapida conclusione dei rinnovi contrattuali, luogo deputato non solo a definire le materie demandate alla contrattazione di secondo livello ma anche ad affrontare gli eventuali temi legati al recupero di efficienza e produttività ». E, soprattutto, accusava il governo di voler «delegittimare il sistema di rappresentanza delle parti sociali e la loro autonomia».
Schermaglie sui dettagli a parte,spiega Gianni Rinaldini, coordinatore dell’area «La Cgil che vogliamo», il nocciolo della questione è che «questi hanno in testa lo smantellamento finale del contratto nazionale». Quello che fissa il livelli salariali e la normativa di riferimento anche per la «contrattazione di secondo livello». Il tentativo di spostare tutto sulla contrattazione aziendale – come in America, appunto – «era chiaro fin dall’inizio». Il governo, «fissando un capitolo di spesa – 1,6 miliardi l’anno prossimo, 1,2 nel 2014 – per finanziare la detassazione dei contratti di produttività , ha disegnato un recinto invalicabile e inaccettabile, entro cui le parti discutono o provano a farlo». Del resto, questo era uno dei quattro punti della lettera della Bce dell’agosto 2011».
Con la consueta leggerezza, il ministro Elsa Fornero ha ribadito ieri che solo se «il tavolo produce un esito buono per il paese, ci saranno le risorse». Altrimenti nisba, tanto «non ci mancano le occasioni per impiegarle». Cosa vuol dire? Che l’accordo dovrà  contenere il rafforzamento del contratto aziendale, l’aumento dell’orario di lavoro, compresi i turni e le festività ; ed anche il demansionamento. In ogni caso, promette Fornero, su questo ci potrebbe anche essere un intervento legislativo.
«È quanto è stato imposto in alcuni contratti nazionali – ricorda Rinaldini – come i chimici e i ferrovieri», con l’aumento dell’orario di lavoro a parità  di salario e la creazione di «esuberi» strutturali. Un piatto indigeribile che si riversa sulla piazza che domani attenderà  con attenzione le parole del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso; anche per capire se questa manifestazione apre o no «una fase di ulteriori iniziative» per contrastare «la distruzione completa del sistema di relazioni sociali».
Non è difficile vedere che l’identico «modello americano» traspare dalle «riforme strutturali» imposte con la forza del ricatto a Grecia, Spagna, Portogallo. Scatenando, va ricordato, livelli di risposta popolare decisamente meno accondiscendenti di quanto non sia avvenuto fin qui in Italia. Può darsi che la vicinanza del 20 abbia consigliato a molti di rinviare la definizione di un accordo pesantissimo – per i lavoratori – alla prossima settimana. Quando Monti, rientrato da Bruxelles, vorrà  «chiudere» d’autorità  la partita della «produttività . Magari prima che – il 25 – riparta la trattativa separata (con le sole Cisl e Uil) sul contratto dei metalmeccanici.

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