Per il lavoro, new deal verde e meno orario

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Non sempre e non necessariamente l’innovazione tecnologica comporta un aumento della disoccupazione. In certe fasi proprio grazie all’evoluzione della tecnologia nascono opportunità  legate a nuove produzioni e vengono creati posti di lavoro. Ma in altre fasi l’introduzione di tecnologie labour saving e il ridimensionamento di attività  caratterizzate da un calo della domanda dovuto a saturazione dei bisogni comportano un processo di distruzione di posti di lavoro. Nel processo dinamico di creazione e distruzione di posti di lavoro il saldo occupazionale può dunque risultare negativo specie quando le innovazioni di processo risultano più massicce e importanti delle innovazioni di prodotto; tale processo è particolarmente evidente nei momenti di crisi e di stagnazione.
In un recente articolo su sbilanciamoci.info, Laura Balbo evidenzia la necessità  di prendere coscienza delle conseguenze dell’introduzione di tecnologie a risparmio di lavoro, che hanno comportato una disoccupazione crescente non solo in Italia. Si apre dunque il problema di come fare fronte alla situazione senza ricorrere a soluzioni drammatiche – in passato spesso la mobilitazione per una guerra è stata il fattore risolutivo delle crisi occupazionali. Anche oggi c’è una guerra da combattere, ed è quella per la salvezza dell’ambiente. Con la crisi il problema ambientale è anche una grande opportunità  per creare occupazione e crescita sostenibile. (…)
Se con la crisi e l’avvento di nuove tecnologie non c’è lavoro per tutti non sarebbe il caso di riprendere la proposta della riduzione dell’orario di lavoro? Si tratta di una proposta controcorrente: oggi ci si indirizza nella direzione opposta (allungamento dell’età  pensionabile, eliminazione di alcune festività , ecc.) e la conseguenza è un drammatico aumento della disoccupazione (…) Invece si dovrebbe pensare a una riduzione dei tempi di lavoro tale da soddisfare le esigenze produttive e al contempo migliorare la qualità  della vita dei lavoratori. (…) Un movimento per la riduzione del tempo di lavoro, il rilancio dello slogan “lavorare meno per lavorare tutti” costituirebbe una svolta culturale degna di nota.
Certamente esiste il problema dell’aggravio di costi e quindi dei finanziamenti necessari per sostenere la proposta. Almeno per i salari medi e bassi, infatti, si deve pensare a una riduzione di orario a parità  di salario evitando così di alimentare l’esercito dei working poors.
Dato il momento di difficoltà  per le imprese il processo di riduzione del tempo di lavoro dovrebbe essere portato avanti con finanziamenti statali. Non è facile in questo momento, ma si deve tenere conto che l’aumento dell’occupazione sarebbe in grado di generare comunque un maggior gettito fiscale, permetterebbe di risparmiare sugli ammortizzatori sociali, costituirebbe un rilancio della domanda aggregata con effetti positivi sull’economia e sui conti pubblici.
Il testo completo dell’articolo è su www.sbilanciamoci.info


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