Pensioni, il buco degli statali preoccupa l’Inps
Sta scritto, come aveva anticipato lunedì scorso il Corriere della Sera, nella nota di assestamento al bilancio di previsione 2012 e nella delibera con la quale il Civ, Consiglio di indirizzo e vigilanza, ha approvato ieri la stessa nota. Delibera approvata da tutti i membri del Civ, in rappresentanza della Confindustria, di tutte le altre associazioni imprenditoriali e dei sindacati. Solo la Uil ha votato contro, ma proprio perché, spiega Rocco Carannante, «il bilancio di assestamento 2012 rischia di passare alla storia come quello che segna il declino dell’Inps. Questo a meno che non si intervenga legislativamente per coprire l’enorme disavanzo economico-patrimoniale dell’Inpdap». Lunedì sera i ministeri vigilanti dell’Inps, cioè l’Economia e il Lavoro, avevano diffuso un comunicato congiunto in risposta alle anticipazioni del Corriere, definendo «del tutto infondata» l’affermazione sull’esistenza di un problema di sostenibilità del sistema. Ma il Civ dell’Inps, invece, conferma e nella stessa delibera aggiunge di ritenere «necessaria l’adozione da parte dei ministeri vigilanti di interventi con i quali sanare il suddetto deficit ed evitare rischi che, con il trasferimento all’Inps delle funzioni degli enti soppressi, possano realizzarsi improprie commistioni ed indebite solidarietà tra sistemi previdenziali oggettivamente diversi tra di loro». Le rappresentanze sociali del mondo del lavoro privato esprimono cioè al governo la loro preoccupazione che il disavanzo di esercizio dell’ex Inpdap, pari nel 2012 a 5,7 miliardi, e il passivo patrimoniale di 10,2 miliardi, entrambi scaricati sul bilancio Inps — che pertanto chiuderà con un deficit di esercizio di quasi 9 miliardi (contro i 2,2 del 2011) e con un avanzo patrimoniale ridotto a 25 miliardi (contro i 41 del 2011) — possano essere colmati anche solo parzialmente attingendo a quei fondi che sono in attivo nell’Inps, per esempio quello dei parasubordinati e quello delle gestioni temporanee (ammortizzatori sociali), cioè con i contributi provenienti dal lavoro privato, anziché con trasferimenti dal bilancio pubblico. Per questo motivo la stessa delibera del Civ presieduto da Guido Abbadessa impegna «gli organi di gestione dell’Inps (e quindi anche il presidente Antonio Mastrapasqua, ndr) ad intraprendere ogni utile iniziativa nei confronti delle istituzioni» per evitare che ciò accada. È indubbio, quindi, che siamo in presenza di due linee contrapposte. Da una parte il governo che dice: non c’è alcun problema, sapevamo già del buco dell’Inpdap, ma per il pagamento delle pensioni non c’è alcun rischio perché comunque interverrà lo Stato a ripianare i disavanzi, come ha sempre fatto. Dall’altra parte l’Inps ribatte: non ci fidiamo, aver mischiato i conti della gestione delle pensioni del settore privato con quella del settore pubblico apre il rischio di solidarietà improprie, tanto più ribadisce il Civ nella nota di assestamento che, fino al 1995, lo Stato non pagava i contributi dei suoi dipendenti e negli ultimi 4 anni, si legge nel testo approvato ieri (che in questo punto corregge la precedente versione), sono stati versati ma solo a titolo di «anticipazioni di Tesoreria», per non gonfiare il debito pubblico (sic!) e quindi, in teoria, l’Inpdap dovrebbe restituire questi prestiti (miliardi e miliardi di euro) allo Stato. Un pasticcio nel pasticcio.
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