Pd-Pdl: no al carcere per diffamazione

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ROMA — Maurizio Gasparri (Pdl): «Né carcere per i giornalisti né libertà  di diffamare». Felice Casson (Pd): «Serve un equilibrio tra la libertà  del giornalista e il diritto costituzionale all’onorabilità ». Parole diverse, concetti identici. E in effetti è difficile non essere d’accordo con la ricerca di un bilanciamento dei due principi fondamentali, libertà  di stampa e tutela dell’onorabilità . Le cose si complicano quando si tratta di scendere nel dettaglio. E infatti nella commissione del Senato che si sta occupando del testo sulla diffamazione — anche sull’onda delle proteste per la condanna alla reclusione per Alessandro Sallusti — una pioggia di cento emendamenti e subemendamenti rende difficile capire lo stato dell’arte. Sul testo dei due relatori — Filippo Berselli (Pdl) e Silvia Della Monica (Pd) — è caduta l’accusa di preparare una «legge bavaglio». E la Federazione della stampa (Fnsi) ha organizzato per oggi a Roma, al Pantheon, dalle 17.30 alle 19, un presidio. Che si voleva in contemporanea con l’arrivo in Aula del disegno di legge. Ma proprio a causa delle polemiche e dei conflitti interni, l’arrivo in Aula potrebbe slittare.
Gasparri ammette che «ci sono stati alcuni emendamenti eccessivi». Tra gli altri, c’è quello noto come emendamento anti-Gabanelli (la quale chiede invece di punire le «cause temerarie e intimidatorie alla stampa»). Ma ribadisce la necessità  di «trovare una convergenza per eliminare il carcere e non creare impunità ». Gasparri è giornalista dal 1985: «Ho querelato e sono stato querelato più volte. Ora ho smesso perché le denunce costano troppo e portano via troppo tempo. Ma una cosa è certa: i giornali non pubblicano mai o quasi le rettifiche».
Nega che ci sia una volontà  di imbavagliare la stampa la senatrice del Pd e relatrice Della Monica: «Tutto questo allarmismo è davvero ingiustificato. Si confonde troppo spesso il nostro testo con gli emendamenti a cui abbiamo già  dato parere contrario. Come quello di Caliendo, ma anche quello che aumenta le pene se il fatto è commesso a danno dei politici».
Tolto il carcere, la volontà  è quella di aumentare la sanzione pecuniaria. Il testo Berselli-Della Monica prevede un minimo di 5 mila euro e un massimo di 100 mila. Una cifra così alta non sarà  un deterrente a scrivere articoli «pericolosi»? «Siamo aperti a modifiche, ma è una forchetta ampia — spiega Della Monica —. Stiamo parlando di diffamazione dolosa e il giudice potrà  commisurarla alla gravità  dell’offesa». Berselli si dice pronto a portare il tetto a 50 mila euro. Felice Casson, altro pd accusato di aver chiesto per chi è recidivo l’interdizione fino a tre anni, si difende: «Era prevista a vita, l’ho fatta ridurre. Voi dovete tenere conto degli interventi violentissimi della destra». Si riuscirà  a trovare un equilibrio? «Lo spero. Nel caso Boffo non so se una sanzione da 100 mila euro sarebbe adeguata, ma una da 5 mila certo è ridicola. Se non si riuscisse, meglio far saltare tutto. E fare una sola cosa: togliere il carcere e lasciare tutto com’è».
Marco Perduca, radicale eletto nel Pd, il carcere non lo toglierebbe: «La legge così com’è va anche bene. Bisognerebbe solo che l’amministrazione della giustizia funzionasse e che i processi per direttissima si facessero, rendendo immediata ed effettiva la risposta a una diffamazione». Vincenzo Vita, senatore pd, è preoccupato: «C’è troppa confusione in quello che viene riportato. E ci sono cose che non vanno in questo testo, come l’estensione delle sanzioni a blog e testate online».


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