Obama e Romney alleati all’estero

by Sergio Segio | 24 Ottobre 2012 9:06

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Il problema è che mentre i due candidati praticavano uno sport metaforico, le altre reti tv traboccavano di sport letterale. In simultanea al dibattito si giocavano un play off di baseball e una partita di football che hanno sottratto consistenti fette di audience. Anche qui, i Chicago Bears (città  adottiva di Obama) hanno battuto i Detroit Lions (città  natale di Romney) per 13 a 7.
Una parte di attenzione pubblica è stata sottratta però anche dal tema di quest’ultimo faccia a faccia, la politica estera di cui agli americani non importa assolutamente nulla. Per di più questo è ormai il terzo dibattito e a questo punto i pochi statunitensi che si recheranno alle urne hanno deciso da tempo per chi votare (e molti di loro hanno già  votato per davvero nel cosiddetto «voto anticipato»), l’effetto di questo confronto risulta abbastanza marginale. A riprova, i messaggi su Twitter scambiati durante il dibattito sono stati 6 milioni contro 7,2 milioni la settimana precedente e 10 milioni durante il primo confronto del 3 ottobre.
Ancora più marginale lo è se si considera che sulle scelte di fondo di politica estera i due interlocutori dicevano sostanzialmente le stesse cose, tanto che il New York Times (non certo eversivo) scriveva nei sottotitoli del suo sito che «Obama parlava quasi come un falco repubblicano» (Repubblican hard-liner).
Né poteva essere diversamente. Infatti (almeno da Ronald Reagan in poi) i repubblicani hanno diffuso la vulgata che loro sono il vero partito della patria, della sicurezza nazionale, vicino ai militari e agli interessi del Pentagono, mentre i democratici sarebbero imbelli buonisti e disfattisti. La realtà  è tutt’altra perché fu un presidente democratico (Harry Truman) a scatenare la guerra di Corea e altri due democratici (John Kennedy e Lyndon Johnson) a iniziare la guerra del Vietnam. Ma tant’è: la «narrazione» repubblicana è passata e i democratici si ritrovano sul groppone un’immeritata fama di pacifismo (come puramente preventiva fu l’assegnazione a Obama del Premio Nobel per la pace). Per cui i presidenti democratici (e Obama in particolare, anche a causa del Nobel) devono sempre dimostrare di essere più militaristi di un generale. È la ragione per cui Obama tanto ha insistito sull’uccisione di Osama bin Laden, tanti soldati ha mandato in Afghanistan, tanti droni ha sguinzagliato dallo Yemen al Pakistan.
Sull’altro tema caldo, cioè Israele, l’accordo di facciata era altrettanto scontato, anche perché il dibattito si teneva in Florida dove risiede un gran numero di pensionati ebrei, per lo più provenienti da New York per il clima più mite certo, e poi perché qui le tasse sono minori. Da oltre un secolo gli ebrei votano massicciamente democratico. Ma è vero che in questa campagna si è costituito un asse di ferro tra Romney e il governo di destra israeliano proprio perché il maggior finanziatore di Romney, Sheldon Adelson, è anche proprietario del più diffuso quotidiano israeliano, Israel HaYom, e sostenitore sfegatato di Benjamin Netanyau. Nel dibattito comunque tutti e due i candidati dovevano gareggiare a chi è l’alleato più stretto e fidato di Israele e quindi a chi è più rigido con l’Iran.
Altrettanto scontato era il pugno duro ostentato nei confronti delle manipolazioni monetarie cinesi, ben sapendo che queste sono solo parole perché Pechino detiene tanti dollari in riserva che può inondare il mercato a proprio piacimento e far crollare la valuta Usa. L’unica battuta divertente la si è avuta quando Romney ha attaccato dicendo che oggi gli Stati uniti hanno meno navi da guerra di quante ne avessero nel 1916 e Obama ha risposto «abbiamo anche meno cavalli e baionette», perché oggi la guerra si combatte con altre armi.
L’esito dei sondaggi e stato comunque meno netto della partita tra i Bears e i Lions. Solo secondo la Cbs, tra gli elettori indecisi il 53 % ha assegnato la vittoria a Obama, contro il 23 a Romney e il 21 per un pareggio (nel primo dibattito la Cbs aveva dato 44 a Romney e 22 a Obama). Ma per un sondaggio Public Policy Polling tra gli elettori degli 11 stati in bilico, Obama ha vinto al 53 contro il 42 a Romney. Dal canto suo, la Cnn interrogava gli elettori registrati che davano vincitore Obama al 48 % contro 40. Il sondaggio online di Google Consumer Survey dava Obama vincitore al 45,1 contro il 35,3 a Romney, cioè con un vantaggio di 10 punti (nel primo dibattito lo stesso sondaggio aveva dato 22 punti di vantaggio a Romney e nel secondo dibattito 17 punti di vantaggio a Obama).

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