by Sergio Segio | 6 Ottobre 2012 6:20
BARI — Due articoli del decreto legge che detta “disposizioni urgenti di semplificazione amministrativa a favore dei cittadini e delle imprese”, «sembrano cuciti su misura per Ilva». Il sospetto è del presidente dei Verdi Angelo Bonelli, che parla di «fatto inaudito ».
Il più grande stabilimento siderurgico d’Europa da due mesi è sotto sequestro: il gip di Taranto ha ordinato lo spegnimento di sei impianti dell’area “a caldo” perché inquinano e seminano lutti. La multinazionale, rappresentata dall’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, insiste perché all’azienda i giudici concedano la facoltà d’uso di quegli stessi impianti. In caso contrario, sarebbe a rischio la sopravvivenza della fabbrica e il lavoro di dodicimila operai. Ma i magistrati non mollano: mettete mano al portafoglio per risanare altoforni o cokerie, e poi riaccendete i motori dello stabilimento.
È a questo punto che spunta il sedicente lodo “salva Ilva”. Bonelli scuote la testa: «In un Paese che ha a cuore la salute e l’ambiente, questo non dovrebbe accadere ». Ma accade, evidentemente. Il dl dovrebbe essere approvato dal Consiglio del ministri la prossima settimana. Ma la bozza tra le mani del leader dei Verdi, lascia trapelare «notizie preoccupanti».
L’articolo 22 recita: «Nei siti contaminati, in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale, possono essere effettuati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria… E più in generale tutti gli altri interventi di gestione degli impianti e del sito funzionali e utili all’operatività degli impianti produttivi e allo sviluppo della produzione». Sì, insomma, se ha ragione Bonelli, che la bolla come «una disposizione pericolosissima», all’Ilva potrebbero continuare a materializzare acciaio. Nonostante il diktat del codice penale. Articolo 21: «Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione». Tuttavia va in scena «l’eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile» e se è «economicamente sostenibile». Bonelli taglia corto: «Di fatto è svuotato completamente il principio secondo cui chi inquina, paga».
A Taranto nel frattempo più di seimila cittadini hanno marciato, ieri sera, per le vie del centro per partecipare alla fiaccolata promossa dagli ambientalisti a sostegno dei magistrati che si occupano dell’inchiesta per disastro ambientale a carico di Ilva. Lo slogan più forte: «Non vogliamo morire a norma di legge».
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