New York isolata, la Grande Mela in ginocchio
NEW YORK. LA FIERA Capitale del Mondo ha ceduto di schianto. New York si è arresa, gigante umiliato, e dai piedi d’argilla.
HA SCOPERTO di avere solo la testa nel terzo millennio, nell’èra digitale, ma il corpo intero nel secolo passato. Tutti i centri nevralgici della metropoli da ieri sono al collasso: e la finanza globale, il metrò e gli aeroporti, le ferrovie i tunnel e le autostrade, la rete elettrica e i telefoni, nulla è al riparo dalla furia dell’uragano Sandy. New York è un agglomerato di cinque boroughs (Manhattan, Brooklyn, Queens, Bronx, Staten Island), tutte isole o penisole circondate dalle acque: 700 km di coste per 8,5 milioni di abitanti di cui almeno 200mila abitano “a livello dell’acqua”. La megalopoli verticale per eccellenza, con la sua skyline di grattacieli, si scopre alla mercè dalle maree come Venezia, precaria come New Orleans.
È soprattutto la New York «che non si vede», quella delle infrastrutture strategiche, ad avere subìto l’aggressione di Sandy. «Tunnel inondati, metrò e trasporti pubblici fermi, blackout nelle comunicazioni, trasporti bloccati per oltre un mese, con 55 miliardi di perdite, e poi grattacieli senza ascensori, senza luce e senz’acqua»: questo è lo scenario di un rapporto consegnato al sindaco Michael Bloomberg, realizzato dagli scienziati del Columbia Earth Institute, uscito in prima pagina sul New York Times
il 10 settembre scorso. Una parte di quella tremenda profezia si sta materializzando da ieri sotto i nostri occhi.
Settore per settore, ecco dove la Grande Mela si rivela fragile e disarmata, la sua modernità alza bandiera bianca davanti a venti e maree.
Chiusa per (almeno) 2 giorni la piazza finanziaria più importante del mondo. Il simbolo di questa resa umiliante sono i sacchetti di sabbia davanti alla sede di Goldman Sachs. Onnipotenti sui mercati globali, dove usano tecnologie sofisticatissime come lo high-frequency trading, i banchieri si affidano a una trincea da prima guerra mondiale davanti alla furia degli elementi. Il finanziere Henry Blodget rimane esterrefatto: «Siamo nell’èra digitale, è folle che un uragano su New York chiuda tutte le Borse che servono l’intera America, l’Asia e l’Europa ». La paralisi è totale: New York Stock Exchange, Nasdaq, Bats Global Markets (bond pubblici), nessuno si salva. Nel 1985 l’uragano Gloria aveva provocato una sola giornata di sospensione, 30 anni dopo Wall Street è più vulnerabile. Goldman Sachs chiama in aiuto «gli uffici di Londra e Salt Lake City (Utah), il piano d’emergenza è scattato»: ma altrove, molto lontano da qui.
SUBWAY
Il metrò si è arreso già domenica sera alle 19, nessuno sa quando riaprirà . Senza la Subway, che nelle ore di punta trasporta fino a 2,5 milioni di pendolari, Manhattan si trasforma in un semideserto: non possono affluire dipendenti pubblici per servizi essenziali; non solo le scuole ma perfino alcuni reparti ospedalieri di pronto soccorso sono stati chiusi. Il metrò è in larga parte sotterraneo, ha sistemi di pompaggio d’acqua che in tempi normali evacuano costantemente le infiltrazioni. Ma «inondazioni anomale di acqua salata provocano danni permanenti, corrodono gli scambi elettrici», avverte il presidente della Metropolitan Transportation Authority, Joseph Lhota, che ha ordinato la chiusura a tempo indeterminato. Fermi anche bus di superficie: manca il personale.
TUNNEL, PONTI
Da ieri Manhattan è tornata un’isola, paurosamente isolata dal resto del mondo. Tutto ciò che la “collega” ha smesso di funzionare. Chiusi per le inondazioni i tunnel che passano sotto i fiumi Hudson e East River, dove transita il traffico verso Brooklyn, Queens, il New Jersey, gli aeroporti La Guardia, Jfk e Newark (chiusi anche quelli, decine di migliaia i voli cancellati). Chiusi al traffico anche i ponti, impraticabili con raffiche di vento superiori ai 100 km orari. Ma è la rete di tunnel che fa più paura: inadeguata a gestire le emergenze-inondazioni, che per gli esperti saranno sempre più frequenti.
RETE ELETTRICA, TRENI TELEFONI
La principale utility cittadina, la Con Edison, ha preannunciato non solo blackout circoscritti, ma forse perfino uno “spegnimento totale” come misura eccezionale. In tal caso si passerebbe dal blackout al shut-off, la sospensione generale e deliberata della corrente elettrica nella «città che non dorme mai»: addio alle luci di Times Square celebri nel mondo intero? L’evento estremo sarà deciso in queste ore solo nel caso che si allaghino troppe centraline elettriche situate lungo l’East River e nella punta Sud di Manhattan (tra Wall Street e Battery Park). Altra fragilità : molte linee elettriche sono ancora “aeree”, sospese. Bastano cadute di alberi sradicati dal vento (già un centinaio ieri hanno ceduto) per travolgere i fili della luce. È una ragione in più che sta dietro la paralisi dei treni di superficie. Nel caso estremo sono a rischio perfino i telefoni. Molti newyorchesi non hanno più una linea fissa, i cellulari hanno batterie che si scaricano rapidamente. Anche chi ha la linea fissa spesso ormai ha solo i
cordless, che vanno ricaricati.
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