Monti e la legge di Stabilità  «Siamo aperti a modifiche»

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BRUXELLES — Si dirà  che è un’apertura, ed in effetti lo è, perché appena pochi giorni fa aveva rifiutato una domanda sull’argomento, e invece ieri per la prima volta Mario Monti ha risposto alle critiche alla legge di Stabilità  e si è dichiarato disponibile a modifiche del testo, pur se «a saldi invariati».
Ma quella di ieri pomeriggio, da parte del premier, si può leggere anche come una difesa delle scelte fatte e un’implicita risposta alle critiche della maggioranza contro l’ossatura stessa della legge. A queste osservazioni Monti non apre, tutt’altro: «Per ora — dice — non vedo evidenti motivi che mi facciano ritenere che, da un punto di vista di effetti distributivi e macroeconomici, altre combinazioni sarebbero state superiori».
Insomma il mix di misure adottate, sul fronte fiscale, è «il migliore». Bisognerà  dunque convincere il governo, in Parlamento, che altre scelte sono più utili per il Paese e per stimolare la domanda interna: dunque le «prenderemo in considerazione, siamo pronti a modificare la legge», ma non solo «non possiamo permetterci di assistere a modifiche dei saldi», c’è da aggiungere che «potranno esserci certe modifiche che ci vedranno d’accordo e altre che pur rispettando i saldi potranno trovarci in disaccordo».
Fra le parole si individua un velato senso di sfida al Pd e al Pdl: finora hanno avanzato critiche, anche dure, senza però suggerire strade alternative, nel merito e con relative coperture finanziarie. E questo nonostante, ammette Monti, «noi abbiamo di sicuro fatto degli errori». Ma veniali, lascia capire dal tono della voce.
Anche il disegno di legge sulla corruzione ha bisogno di essere difeso: «Non mi risulta che abbiano prodotto una legge più esemplare di questa», critica diretta a coloro che stavano al governo prima del precedente, cioè la sinistra. «Ci sono aspetti dove saremmo voluti andare più in là , ma in tanti, anche fra coloro che lo criticano, non avrebbero scommesso un centesimo sulla possibilità  di vedere il provvedimento tradotto in legge».
Ovviamente la conferenza stampa al termine del Consiglio europeo è incentrata sui risultati della riunione: la proposta della Merkel, su un supercommissario per il controllo dei bilanci nazionali, viene derubricata a superflua, «ulteriore, cintura di castità », di cui nessuno sente il bisogno: «Il commissario esiste già », conclude il capo del governo, semmai servirebbe tornare a discutere di altre cose, più necessarie, «come gli eurobond».
Poi arriva il capitolo sulla supervisione bancaria: «Non era ovvio che le conclusioni» del summit «fossero approvate all’unanimità . Alcuni Stati membri, ad esempio, avrebbero preferito lasciare indeterminata la data di partenza della supervisione unica». Il riferimento, chiaramente, è alla Merkel. Alla fine si è mantenuta la decisione di arrivare a fine anno con un quadro giuridico pronto, subito dopo si vedrà  quando realmente il supervisore unico bancario potrà  essere operativo.
Una conclusione, frutto di mediazione, che Monti rivendica come soddisfacente («non è stato fatto alcun passo indietro rispetto alle conclusioni dei vertice di giugno»), rimarcando anche il passaggio delle conclusioni del summit sul bilancio europeo: «Nelle unioni monetarie che si sono inverate nella storia la nostra è la prima che non abbia un quadro di bilancio integrato», ora invece l’argomento entra ufficialmente nelle prospettive concrete dei prossimi passi in tema di integrazione. In tema di finanza pubblica, ieri, i ministri Vittorio Grilli e Corrado Passera, si sono dichiarati disponibili a discutere di un allentamento del patto di stabilità  per i Comuni. Il ministro dell’Economia, ha detto che sono state già  individuate delle strade «per rendere più flessibili i vincoli di bilancio» degli enti locali. Quello dello Sviluppo economico ha ribadito che bisognerà  «mettere le amministrazioni virtuose in condizione di utilizzare le risorse e i risparmi che hanno realizzato».


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