Monti: così trasformiamo l’Italia
ROMA — «Fatti inqualificabili, che minano gravemente la fiducia e la reputazione del Paese». Ma non solo: «Episodi di corruzione e festini», che lasciano «l’opinione pubblica sgomenta», provocando «danni d’immagine incalcolabili». Mario Monti parla per la prima volta degli scandali che hanno travolto la Regione Lazio, delle indagini che vedono altri enti locali coinvolti.
Lo fa al termine di un lungo Consiglio dei ministri, che approva due provvedimenti: l’agenda digitale e i tagli ai costi della politica; due facce di una stessa medaglia dice il premier, «due provvedimenti molto diversi tra loro ma che hanno un aspetto fondamentale in comune: tutti e due mirano a trasformare l’Italia».
A metà pomeriggio, con accanto i ministri Passera, Patroni Griffi e Profumo, il capo del governo commenta in modo stringato ciò che i suoi ministri spiegheranno meglio: l’obiettivo di azzerare il divario digitale con gli altri Paesi europei, quello di creare le condizioni più fertili per le start up e l’esercizio di nuove imprese, sono contenute in un provvedimento «collegiale». Molte norme saranno realtà operative solo dal 2014, ma quella che «presentiamo è l’Italia nuova, capace di una crescita sostenibile» e di lungo periodo.
Poco dopo il premier risale le scale verso la sala del Consiglio dei ministri: la riunione dell’esecutivo ha avuto solo una sospensione, si ricomincia per limare e approvare definitivamente il provvedimento sui costi, la trasparenza, le regole, i controlli della politica degli enti locali. «Un provvedimento che cerca di cancellare e di non far ripetere gli aspetti dell’Italia esistita finora, un’Italia vecchia che non vorremmo più vedere in futuro».
Passano circa tre ore e il premier è di nuovo in sala stampa, lo affiancano il ministro Grilli e Catricalà : il decreto sui tagli ai costi della politica è stato appena approvato. Contiene norme durissime: trasferimenti alla politica locale ridotti anche del 50%, stipendi decurtati, privilegi aboliti, trasparenza assoluta su tutte le spese.
Le prime parole di Monti confermano l’animo con cui l’esecutivo si è mosso: l’opinione pubblica «è sgomenta di fronte a fatti che minano gravemente la fiducia e la reputazione del Paese e la sua credibilità ». Si rischia, aggiunge, di vanificare «lo sforzo che stiamo tutti facendo perché il ruolo dell’Italia, paese civile e democratico, venga pienamente riconosciuto a livello internazionale». Una domanda retorica è più forte e dura di altre: «Che cosa vogliamo che pensi il cittadino di un altro Paese che vede alla televisione queste immagini, questi episodi di corruzione o festini inqualificabili? Il danno di immagine per l’Italia è incalcolabile».
È insomma la stessa azione di risanamento del Paese che può essere pregiudicata. Anche per questo motivo «cerchiamo di porre un argine concreto allo sperpero del denaro pubblico che invece di essere usato per migliorare la res publica spesso è utilizzato come res privata, perdendo di vista il fine della politica». Non solo: «Il decreto sulla trasparenza dei costi degli apparati politici è una misura richiesta dagli stessi presidenti delle Regioni e dai cittadini, che dopo i fatti inqualificabili successi, sono indignati che a loro si richiedano sacrifici anche pesanti mentre il mondo della politica sembra esentato».
Il provvedimento, continua il presidente del Consiglio, è la «strada maestra per migliorare il rapporto eletti-elettori e arginare la crescente e preoccupante disaffezione verso la politica». «Ecco perché – aggiunge – la lotta all’evasione e contro la corruzione fanno parte essenziale del programma di questo governo. Spero che il provvedimento anti-corruzione sia approvato definitivamente»
Poi, alla fine, arriva una conferma: sarà presentata una legge costituzionale «per riesaminare la ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni ed evitare le contrapposizioni, al fine di eliminare sovrapposizioni». Anche perché «nella situazione economica difficile in cui ci troviamo non possiamo più rinviare una riflessione approfondita».
Prima del Cdm il premier aveva fatto un’apparizione alla Camera. Su una sua risposta era nato un equivoco: le agenzie dettano l’intenzione del governo di varare una prima riduzione del carico fiscale entro la fine della legislatura. La notizia sembra ghiotta, ma poco dopo arriva la smentita di Palazzo Chigi, che così ricostruisce: «Il deputato del Pdl e membro del comitato, Enrico la Loggia, ha rivolto al presidente Monti la seguente domanda: se sia possibile immaginare, da qui alla fine della legislatura, anche soltanto individuare un percorso, per una prima tappa della riduzione fiscale». «Non lo escludo», è stata la risposta del presidente Monti. «Nulla ha detto il presidente Monti su misure fiscali da adottarsi entro la fine della legislatura».
Sarebbe stata una notizia clamorosa, ma «soldi non ce ne sono», ribadisce Passera in conferenza stampa. Dunque si ritorna ai provvedimenti: l’agenda digitale è un modo «per recuperare il gap tecnologico del Paese», per «puntare in modo ambizioso a fare dell’Italia un luogo nel quale l’innovazione sia un fattore di crescita sostenibile e produttività delle imprese»; il gap di legalità si spera venga colmato, o ridotto, con il secondo decreto.
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