Montecarlo, nuovi sospetti su Tulliani Fini: mai mentito, avanti a testa alta

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ROMA — Gianfranco Fini, ancora una volta, alle prese con la casa di Montecarlo. Arriva da Milano la nuova tegola sull’appartamento nel Principato venduto da An nel 2008. Una vicenda che aveva messo in grande difficoltà  il leader di Fli e che oggi si ripropone.
Dai documenti sequestrati dalla Finanza (che indaga sull’ex presidente della Bpm Massimo Ponzellini) nell’appartamento in piazza di Spagna di Francesco Corallo — uomo d’affari, latitante, finito al centro dell’inchiesta milanese — emerge, oltre al fax del passaporto di Elisabetta Tulliani, anche un altro particolare. Un documento della Bank of Saint Lucia, spedito il 10 aprile 2008 da Corallo, che dimostra come James Walfenzao si fosse adoperato per creare un veicolo offshore posseduto al 100 per cento da Giancarlo Tulliani, la Jayden Holding Ltd. Il documento – scrive l’Espresso nel numero oggi in edicola – dicentrale: mostra che tra Walfenzao e Tulliani c’era un rapporto d’affari, al quale non sembra essere stata estranea nemmeno la sorella di Tulliani, visto che Walfenzao riceveva anche il suo passaporto. L’“anello” che lega Walfenzao e i Tulliani è dunque Corallo. E chi sia Corallo emerge da una lettera che il 26 maggio 2011 l’allora ministro degli Interni Maroni spediva al primo ministro di Curaà§ao che chiedeva referenze prima di nominarlo membro della banca «A suo carico non risultano condanne penali. Ma da un’indagine di polizia condotta negli anni 1995-1997 è emerso che la persona in oggetto è stata coinvolta in un traffico internazionale di stupefacenti e che era un importante esponente della mafia siciliana. Dopo l’arresto di suo padre, Francesco Corallo ha aperto un resort turistico a Saint Maarten tramite il quale veniva riciclato denaro sporco. Informazioni confermate dalla polizia e dai servizi segreti».
La vicinanza tra Walfenzao e Corallo, invece, è scritta nell’assetto della Bplus, posseduta per l’82 da Corallo e per il 13% da J. & K. Walfenzao. Per lungo tempo, uno degli amministratori è stato Amedeo Laboccetta, ex An, poi Pdl. Dal novembre 2008, membro della Commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia.
Dettagli di scarsa rilevanza per la procura di Roma che aveva indagato sulla casa di Montecarlo venduta a 300mila euro. L’inchiesta si era chiusa con un’archiviazione: era chiaro che dietro all’acquisto ci fosse il cognato del presidente della Camera, ma per il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani non si poteva procedere per truffa. Un’impostazione che sembra non essere scalfita dalle nuove scoperte della Finanza. Anche perché, ad oggi, da Milano non è arrivato nulla.
In ogni caso Fini respinge i nuovi sospetti. «Non intendo farmi condizionare dalla ciclica comparsa di documenti — ha detto il presidente della Camera —. Nell’ambito della mia vita privata, quello che è stato scritto suscita in me profonda amarezza. Ma non ho mai mentito o nascosto qualcosa agli italiani e per questo continuerò a testa alta». Una decisione che conferma il rifiuto di dimettersi, e che viene commentata così da Umberto Bossi: «Quello non lascia neanche se gli spari».


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