Molti sacrifici, futuro zero

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LISBONA. Il governo di centro destra guidato da José Passos Coelho appare oramai come una barca lasciata andare alla deriva dai suoi stessi timonieri. Il dissenso è oramai praticamente unanime e i 6 miliardi da trovare entro metà  novembre non aiutano certamente a portare consensi. La legge finanziaria depositata nei giorni scorsi in parlamento è per la gran parte costituita da aumenti di imposta e le tasse, si sa, a destra proprio non piacciono. Nuovi tagli alla spesa, ovvero tagli allo stato sociale, provocherebbero una rivolta e lì, per il momento, non è facile intervenire.
Parlare di dissenso però può voler dire tutto ma anche non dir niente. Innanzitutto occorre dividere tra una opposizione filo-troika e una anti-troika e in secondo luogo una interna e l’altra esterna alla maggioranza di governo. Schierati contro le politiche di austerità  abbiamo: il cosiddetto movimento degli indignati, che qui, attualmente, si chiama «que se lixe a troika» cioè che si fotta la troika. Una parte di questo settore della “società  civile”, staccatosi dal Bloco de Esquerda, ha fondato un nuovo partito, Movimento Alternativa Socialista, ovviamente, e in sfregio agli ossimori più eclatanti, per unire la sinistra. Poi abbiamo il Partido Comunista e il Bloco de Esquerda che, causa insipienza e mancanza di una proposta politica seria, non riescono a capitalizzare il dissenso che dilaga nella società .
Sul fronte filo-troika c’è il Partido Socialista che, pur avendo firmato il Memorandum, sta cercando di smarcarsi dal governo, anche se, dal nostro punto di vista, è improbabile che un Ps al governo avrebbe agito in modo molto differente rispetto al Partido Social Democrata (Psd – centrodestra). Eppure, paradossalmente, sono proprio i socialisti a beneficiare maggiormente del clima di crisi: i sondaggi segnano un +6 rispetto a giugno e un +4 rispetto al Psd dato al 30%. C’è poi un quarto blocco: la fronda interna al centrodestra, che di giorno in giorno assume proporzioni sempre più consistenti. I malpancisti, come verrebbero chiamati in Italia, non hanno critiche precise, i malumori si limitano genericamente agli effetti nefasti delle misure adottate sull’economia. Il quinto fronte è rappresentato dal Centro Democratico Social (Cds), alleato di governo del Psd, da sempre tenacemente schierato in favore di una drastica diminuzione del prelievo fiscale e, quindi, ora in difficoltà  con la sua base – i sondaggi segnalano un -4% rispetto alle scorse elezioni – poco disposta a tollerare gli aumenti degli ultimi mesi (iva, benzina, tabacco e Irs).
Ultimo ma non ultimo ci sono gli attacchi sempre meno velati del presidente della Repubblica, Anà­bal Cavaco Silva che, peraltro, è dello stesso partito del primo Ministro. L’accusa rivolta a Passos Coelho è di quelle pesanti: imporre al paese immani sacrifici senza avere un piano strategico per il futuro.
L’avversario più temibile
Tra questi 5 fronti il più temibile per il governo è quello interno alla maggioranza (sia nel partito che da parte dell’alleato Cds). A ringalluzzire i dissidenti del fronte filo-troika, con effetti che si estendono anche sul campo anti-troika, il crollo degli spread, in discesa dai 16 punti segnati a febbraio ai 6,54 di questi giorni. Un’apparente fiducia dei “mercati” che fa ben sperare in una prossima, anche se improbabile, ripresa. Per parafrasare un gergo calcistico sono in molti che si stanno scaldando a bordo campo in attesa di subentrare all’ormai suonato Passos Coelho.
Sia come sia chi è contro le politiche di austerità  sta vivendo giorni di grande speranza. Peccato però che alla base di tanto entusiasmo ci sia un sillogismo profondamente sbagliato: essendo queste politiche responsabili del crollo del Pil i suoi sostenitori prima o poi si renderanno conto della loro inutilità  e cambieranno registro. Nessuno è stupido ed è ingenuo pensare che le conseguenze della riduzione dei bilanci non siano conosciute anche da Olivier Blanchard, economista capo dell’Fmi.
Il governo, per parte sua, ha mostrato una grande abilità  nel gioco delle tre carte: bocciato dalla corte costituzionale il taglio delle tredicesime e quattordicesime il buco di bilancio è stato colmato da un aumento significativo dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori che, a sua volta, è stato bocciato da due imponenti manifestazioni. Ora la proposta in discussione è di un «enorme aumento», per usare le parole del ministro delle Finanze Vitor Gaspar, dell’Irpef. Il risultato di ognuna delle tre misure è sostanzialmente lo stesso: evitare di colpire i grandi capitali.
Un punto però è incontrovertibile e deve servire da base per ogni ragionamento che si voglia fare: il Portogallo senza i soldi di Fmi, Bce e Ue affonda e la proposta della cancellazione del debito che riscuote tanti successi a sinistra non solo non appare credibile ma anche suicida. Dall’altro lato i continui tagli tra gli strati più deboli della società  sta facendo più danni del fuoco amico dei droni americani in Afghanistan.
Una questione di potere
La questione è davvero complessa perché implica non solo, o non tanto, questioni di ordine etico-morale, ma molto più banalmente di potere. In un sistema di decisione quale è quello che si è andato costruendo negli anni che seguono la crisi del 1973 il potere decisionale degli stati nazionali, intorno a cui è stata costruita tutta la struttura dei diritti democratici, è oramai molto ridotto. Le decisioni del governo di Lisbona non sono prese sulla scorta delle manifestazioni dei sindacati o della società  civile, ma sono conseguenza, prevalentemente, delle ben più cogenti pressioni di Berlino, Bruxelles (Ue), Francoforte (Bce) e Washington (Fmi). Se gli obiettivi non possono essere messi in discussione, Lisbona ha però un buon margine di libertà  su come si debba fare per raggiungerli. Finanziare il salvataggio del Banco Portuguàªs de Negà³cios costato, sembrerebbe, la cifra astronomica di 3 miliardi di euro, non è stata forse una scelta molto lungimirante.
Il sindacato, l’abbiamo scritto qualche settimana fa, ha presentato la sua finanziaria da 6 miliardi di euro. Purtroppo però queste proposte sono state colpevolmente ignorate proprio da chi si dice contro le politiche di austerità . I mezzi di comunicazione e parte dei movimenti sono uniti da un obiettivo comune: fare audience. È evidente che manifestazioni auto convocate che si concludono in scontri con la polizia fanno più notizia che non un tranquillo sciopero generale.
L’accento sullo scontro
Già  armi di distrazione di massa dove l’accento è posto più sul contenitore, lo scontro, che non sul contenuto, le ragioni della manifestazione. Dall’altro lato i partiti filo-Troika posti di fronte alla proposta della Cgtp nicchiano, Vitor Gaspar addirittura apprezza, ma poi fanno finta di niente. Il problema non è riassumibile solo nella dicotomia di un nord, in questo caso la Germania, che affama e impone, e di un sud che inerme deve subire. No il problema è anche interno al sud e a come questo sud ridistribuisce e gestisce le sue ricchezze.
Il rischio concreto è che si alimenti instabilità  sociale e caos, un terreno nel quale le destre han da sempre mostrato di sentirsi a loro agio e dove, ultimamente, anche una certa sinistra mostra incomprensibili tolleranze e complicità . Cosa c’è di meglio di una manifestazione che degenera in scontro? Cosa c’è di meglio di una manifestazione convocata su Facebook da persone sinceramente convinte nel potere taumaturgico della società  civile ma nella quale poi si aggregano gruppi di infiltrati non controllabili? La società  fluida descritta da Zygmunt Baumann che al contempo tutto compone e tutto scompone senza che vi si costruiscano solidi punti di riferimento e di aggregazione. Il caso greco e spagnolo sono lì a dimostrare che non bastano alti livelli di mobilitazione, occorre essere più potenti dell’avversario, con le idee, con i numeri e con l’organizzazione.
I governi possono cadere, un anno e mezzo fa è caduto l’odiatissimo governo Socrates, erano tutti contenti, ma poi è stato sostituito da un governo ben più feroce. Cambiare i nomi se non si cambiano i progetti poco importa perché quel che davvero conta è avere una consistente ed egemone visione alternativa della società . 6
miliardi di euro È la cifra che il governo portoghese deve mettere insieme entro metà  novembre. Senza colpire i capitali e risparmiando lo stato sociale, già  ridotto all’osso


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