by Sergio Segio | 10 Ottobre 2012 8:01
ATENE — Quando Konrad Adenauer visita la Grecia nel 1954, sono passati solo dieci anni dalla fine dell’occupazione nazista, eppure sull’isola di Santorini lo accolgono con un corteo di muli perché il cancelliere non salga a piedi i 650 gradini dal porto al villaggio e lo salutano con i fuochi d’artificio dal mare. I botti che accompagnano l’arrivo di Angela Merkel sono quelli delle granate assordanti e dei lacrimogeni: non ci sono ateniesi ad applaudirla lungo il percorso dall’aeroporto al centro, solo i poliziotti anti-sommossa schierati uno ogni due metri e i cecchini sui tetti.
Avvicinarsi alla zona rossa è vietato, le strade sono chiuse da barricate di ferro, i pochi che riescono a superare i posti di blocco ricevono l’ospite con qualche bottiglia di plastica che colpisce le auto blindate. Merkel è in città per l’operazione simpatia, per dire ai greci «non sono una maestra arrivata a dare i voti». Parte male e sceglie dal guardaroba la giacchetta verde pistacchio che già indossava allo stadio di Danzica, quando esultava per la vittoria della Germania sulla Grecia, fine giugno, quarti di finale dell’Europeo.
Al quinto anno di recessione, gli ateniesi possono aver perso la speranza, non la voglia di indignarsi. Contro il poliziotto che non lascia passare neppure i più anziani e viene apostrofato da una signora: «È tornata la giunta militare». Contro i celerini che portano via sette ragazzini, perché hanno scelto il giorno sbagliato per venire in centro con la felpa e il cappuccio nero, la divisa degli anarchici e dei black bloc. «Lasciateli stare — grida una donna — li conosco, sono studenti di una scuola a Nikaia», quartiere di periferia sempre più ai margini, giù verso il Pireo.
Gli arresti preventivi, le manifestazioni bandite da piazza Syntagma, le botte e le sassaiole, i seimila agenti schierati tra il Parlamento e gli altri palazzi del potere (compresi l’ambasciata tedesca e l’hotel Hilton dove Merkel deve incontrare i capi d’azienda e gli uomini d’affari) non fermano l’afflusso dei cortei, quello dei comunisti, dei sindacati e quello di Syriza, il partito della sinistra radicale arrivato secondo alle elezioni prima dell’estate. Dal palco il leader Alexis Tsipras invoca «l’Europa dei popoli contro l’Europa dei Memorandum», quelle misure di austerità concordate con la Troika (l’Unione Europea, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea) che i greci incolpano alla cancelliera tedesca e alle sue scelte rigoriste.
Merkel non è mai venuta in visita dall’inizio della crisi economica. L’ultimo viaggio è del 2007, invitata per ragioni di campagna elettorale dal conservatore Costas Karamanlis, che porta il nome dello zio, il fondatore di Nuova Democrazia finito con una sua frase in epigrafe al nuovo romanzo del giallista Petros Markaris: «La Grecia è uno sconfinato manicomio». Questa volta la cancelliera vorrebbe aiutare il primo ministro Antonis Samaras che deve far passare altri tagli da 13,5 miliardi di euro in due anni e spera di ottenere presto la prossima fetta di aiuti, i 31 miliardi che impedirebbero alle casse dello Stato di rimanere vuote da qui a novembre.
Samaras accoglie Angela come «un’amica», per lui è la fine «dell’ingiusto isolamento» e le assicura che «i greci sono determinati a restare nell’euro», in cambio ottiene il riconoscimento dei sacrifici («so che questo Paese sta vivendo un periodo estremamente difficile, fate progressi ogni giorno, sono una vostra alleata»), non le concessioni immediate in cui forse sperava: «Vorrei aumentare gli aiuti destinati alla Grecia — spiega Merkel — i requisiti al momento ci sono, ma dobbiamo aspettare la relazione della Troika».
In cinquantamila scendono in piazza per risponderle che la pazienza è finita ed è quel che le dice faccia a faccia il presidente Karolos Papoulias: «La gente non ce la fa più». I tagli alle pensioni e ai salari sono visti come le imposizioni di una nazione occupante. I paragoni con la Germania nazista riempiono gli slogan, qualcuno brucia una bandiera con la svastica, un gruppo si presenta alla manifestazione in uniforme delle SS. Lo striscione più grande, di fronte al Parlamento, rievoca i versi di Bertolt Brecht: Angela non piangere. «Il droghiere ci farà credito. Nell’armadio non c’è nulla da rubare», continua la poesia.
Davide Frattini
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