“Maugeri salvata con fondi pubblici” così il Pirellone diventò un bancomat

by Sergio Segio | 14 Ottobre 2012 9:33

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MILANO — In Lombardia le parti si erano invertite. Non era la Regione a distribuire i fondi della sanità  in base alle esigenze e ai requisiti degli istituti. Era la fondazione Maugeri, forte del suo rapporto privilegiato con Roberto Formigoni, a pretendere i soldi che mancavano per risanare i suoi bilanci. Costantino Passerino, l’ex direttore amministrativo dell’istituto, lo mette per iscritto quest’estate in una memoria intitolata “Meccanismi di formazione delle delibere e dei parametri”. «L’oggetto di intervento di Simone e Daccò — scrive — era originato dalla necessità  di equilibrare il nostro conto economico…». E spiega un’affermazione fatta in precedenza da Piero Daccò, il faccendiere che finanziava le vacanze di Formigoni: «La fondazione Maugeri deve coprire le perdite di gestione.
È indifferente con quale causale le copre».
“LUI È AMICO DEL PRESIDENTE”
Più espliciti i dialoghi riportati da Gianfranco Mozzali, il manager che faceva la spola tra Passerino, il suo datore di lavoro, e Daccò. «Passerino mi ha detto: “Beh, lui è così amico del presidente, vada dal presidente e gli chieda i soldi per fondazione e ce li porti a casa, ne abbiamo bisogno”». Oppure: «Passerino diceva “Questi qui se ne vanno ai Caraibi con i miei soldi… e qui non mi ha chiuso il discorso delle funzioni (i finanziamenti, ndr)». Chiede il pm Laura Pedio: «E lui cosa ne sapeva che andava ai Caraibi con i suoi ospiti, che c’era il presidente con Daccò?». E Mozzali: «Lo sapeva perché c’era questo strettissimo rapporto tra Daccò e il presidente… «. Lo stesso Passerino ricorda: «Daccò mi riferiva che in occasione delle festività  di Natale, Pasqua, le ferie estive in cui aveva la possibilità  di trascorrere molto tempo con Formigoni, avrebbe rappresentato i nostri problemi… ».
“HO BISOGNO DI 200 MILIONI”
Ancora Mozzali: «Passerino mi disse che sulle funzioni aveva parlato con Daccò… Parlavano per trovare una soluzione sl problema ». «Prima ancora che fosse emanata la legge?», chiede il pm. Risponde Mozzali: « Allora. Io andavo da Daccò e Daccò diceva: “Ma Passerino di quanti soldi ha bisogno? Ecco qua il discorso: Passerino chiedeva e Daccò cercava di trovare la soluzione». «Cioè, tipo: “Quest’anno ho bisogno di 200 milioni”?». Risposta: «Infatti… “Troviamo un modo per farmeli arrivare”. E Daccò mi diceva “Eh, io sto lavorando. Dica a Passerino di starsene buono e tranquillo, perché devo andare su da Lucchina ». Il riferimento è a Carlo Lucchina, il direttore generale della Sanità , indagato per corruzione con Formigoni.
L’ASSESSORE OMBRA E LA TANGENTE
Ma Simone e Daccò erano un passaggio obbligato per la fondazione Maugeri: l’indicazione, dice Passerino il 3 maggio, arrivava da funzionari del Pirellone. In particolare dal dirigente Roberto Cova che, interrogato in questi giorni dai pm, ha confermato tutto. Tra i due, il più importante era Simone. Dice per esempio Passerino il 20 luglio: «Consideravo Simone un referente politico vero e proprio, era come parlare con l’assessore ombra alla Sanità . Spiegavo a lui le scelte che la Regione secondo me avrebbe dovuto fare. Sapevo l’importanza che aveva come esponente di spicco di Comunione e Liberazione e dunque la vicinanza politica al presidente Formigoni. Era evidente a tutti che in Lombardia, Simone continuava ad avere un ruolo di grande peso nella politica sanitaria. Tant’è che spesso nella redazione di Tempi incontravo personaggi di spicco di Cl quali — ad esempio — Lupi (Maurizio, vicepresidente della Camera, ndr) e Cesana (Giancarlo, presidente della fondazione Policlinico ». Passerino dice anche di aver riferito a Simone della tangente da 600mila euro versata al Pdl per le regionali del 2010: «Dissi a Simone che Daccò mi aveva chiesto un’anticipazione… Mi esortò a dar corso alle richieste di Daccò, dicendomi che non me ne sarei pentito».
IL FILONE PIEMONTESE
Nel suo ultimo interrogatorio, il 2 ottobre, Passerino parla di un pagamento di 150mila euro in favore di un consulente della Regione Piemonte, Giorgio Grando. «Tra il 2007 e il 2008 era nostro interesse ottenere il riconoscimento della nostra struttura a Torino quale presidio pubblico… Abbiamo chiesto a lui un aiuto per l’istruttoria e il favorevole esito della pratica. Fu Grando a chiederci di eseguire il pagamento, estero su estero, che venne disposto solo quando fu completata con successo la pratica».

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