Maroni sfida Formigoni: voto ad aprile

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VICENZA — Fine della corsa. La Lega staccherà  la spina alla giunta lombarda alla fine dell’anno. Giorno più, giorno meno. E anzi, già  dal prossimo fine settimana, il Carroccio svolgerà  nei suoi 1800 gazebi una sorta di consultazione primaria per far esprimere i sostenitori: chi vorreste come candidato governatore? Ma attenzione: a questo punto potrebbe essere lo stesso Roberto Formigoni a rovesciare il tavolo e a chiudere così la sua lunghissima permanenza ai vertici della Lombardia.
La giornata incomincia presto, con la riunione del consiglio federale, che nell’era Maroni è organo che si riunisce di rado e solo per le decisioni di grande rilevanza. Un’oretta per ascoltare la relazione del segretario, poi la decisione che si cristallizza in un comunicato in cui vengono indicati due punti «prioritari: la legge elettorale regionale e la legge di bilancio, da approvarsi entro Natale, per poter così far coincidere il voto della Regione Lombardia con le elezioni politiche di aprile in un unico election day».
Il dado è tratto. La nota pone fine ai botta e risposta tra il governatore Formigoni e il segretario «nazionale» Matteo Salvini sulla data delle elezioni. Il presidente lombardo cova l’ira fino a sera, poi a Saint-Vincent, di fronte ai taccuini spalancati, si morde la lingua e detta: «Quello che posso dire è che ritengo veramente difficile e sconveniente infliggere alla Lombardia un lungo periodo di attesa. Questo lo riterrei assolutamente sbagliato». Di più: «Sarebbe mio dovere istituzionale fare in modo che il periodo di incertezza duri il meno possibile». Per poi aggiungere: «Se la Lega avesse cambiato idea, immagino che Maroni ce lo spiegherà , ce lo farà  sapere e ce ne dirà  le ragioni e poi ragioneremo insieme».
Da Mestre, dove ha inaugurato la scuola politica della Lega, Maroni rompe il silenzio che si era autoimposto dopo il summit di giovedì scorso con Angelino Alfano e lo stesso Formigoni: «Mai c’è stato alcun accordo sulla data di conclusione della legislatura. Mai. E io credo che Alfano, che è una persona corretta, non possa che confermarlo». Lo conferma, per primo, lo stesso governatore, che però precisa: «giovedì non abbiamo mai parlato di fine della legislatura: ma parlarne oggi è tentare di cambiare l’accordo». E se a questo punto fosse proprio il governatore ad aprire la crisi? «Lo faccia — dice Maroni —, Si assumerà  la responsabilità  di aver regalato la Lombardia ai vari Pisapia. Noi ora abbiamo davanti un periodo in cui lavorare per la Regione e andare alle elezioni in aprile. Se Formigoni sceglie il tanto peggio tanto meglio, ripeto: la scelta è sua. In ogni caso, la decisione non è negoziabile, perché assunta dal Consiglio federale». Ma se invece la nuova giunta lombarda dovesse partire, la Lega ne indicherebbe alcuni componenti? «Queste sono scelte delegate a Salvini. Per quanto mi riguarda, se ci chiedessero dei nomi, io indicherei il solo Andrea Gibelli», il vice di Formigoni.
Eppure, anche Ignazio La Russa evoca un anticipo dell’anticipo delle elezioni: «Non si può dare una scadenza temporale. Piuttosto, si vada a votare subito. Non ci debbono essere soluzioni intermedie. Credo che se non si riesce a trovare un’intesa, non c’è bisogno di aspettare marzo o aprile». Maroni scuote la testa: «Capisco che ci siano rimasti male. Forse non avevano calcolato la capacità  di reazione della Lega».
In realtà , raccontano i leghisti, giovedì scorso sarebbe stato lo stesso Formigoni ad accettare la fine anticipata della legislatura. Con l’impegno, però, a non comunicare pubblicamente l’accordo per evitare richieste di dimissioni da parte delle opposizioni. Poi, il governatore avrebbe cambiato idea presentandosi al round pomeridiano del summit.
Ad ogni modo, il Carroccio ha ormai avviato i motori per andare incontro alla fine della legislatura. Il primo appuntamento sarà  nel prossimo weekend, quando nei 1800 gazebi che il Carroccio organizzerà  in tutta la Lombardia, i sostenitori troveranno tre questionari. Il primo per la raccolta di firme sulle tre leggi di iniziativa popolare (su Euro, Imu e sulla trattenuta nei territori del 75% del gettito fiscale), il secondo per chiedere se votare in Lombardia nel 2013 o nel 2015 e un terzo, appunto, per far esprimere i supporter sul candidato governatore: «Ma non chiamatele primarie — se la ride Salvini — che da noi suonano come qualcosa di sfigato e di sinistra».


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