“Mamma, ora rapiranno anche me?” la paura nella scuola di Lorenzo

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PADOVA — Quando suona la campanella, le maestre accompagnano i bambini fino al cancello. Tutti in fila come pulcini dietro la chioccia. Qualche bimbo, fra i piccoli, si ferma per dare un bacio alla sua maestra. Sembra di essere davanti a una scuola felice. Ma Lorenzo è stato portato via da qui e tutti — anche i più piccoli — sanno che «è successa questa cosa brutta». Le mamme oggi sono arrivate prima del solito, perché hanno deciso che Lorenzo è diventato il figlio di tutte. «Vogliamo che torni a scuola e dalla sua mamma. Lunedì sera faremo una fiaccolata, per gridare che “Lorenzo deve tornare subito”. Partiremo alle 20,30 davanti al Duomo e arriveremo fino davanti alla scuola».
Non è facile parlare della «cosa brutta». La professoressa che dirige la scuola dice che, per aiutare i compagni di Lorenzo, «nella sua classe è stata messa una cassettina ». «Ho mandato lo psicologo, a parlare con loro. Ma tanti bimbi non se la sentono di parlare davanti agli altri. E così abbiamo inventato questa cassettina dove gli alunni possono mettere i biglietti con i loro pensieri, le loro proposte, le loro paure». Una cassettina che sarà  aperta solo dagli insegnanti e dallo psicologo. Ma alcuni bambini, in questa classe che ha diciannove banchi occupati e uno vuoto, hanno raccontato alle loro mamme cosa hanno scritto o cosa scriveranno nel loro biglietti. «Io voglio che Lorenzo torni a casa presto, così possiamo continuare a giocare con i mostri Yu – Gi – Oh. Io sono davvero un suo amico».
L’hanno vista in tanti, la scena che ha fatto rabbrividire l’Italia. I bambini della quinta erano stati portati via dalla classe — era rimasto solo Lorenzo aggrappato al banco — ma dalle grandi vetrate della palestra hanno osservato tutto. «Io da quel momento ho dentro una grandissima paura. Mio papà  e mia mamma sono separati. E allora io ho chiesto a mia mamma: può succedere anche a me, che vengano a prendermi per portarmi via? Mia mamma mi ha risposto: un papà  che vuole bene al figlio non fa queste cose. E tuo papà  ti vuole bene». «Anch’io sono un grande amico di Lorenzo. Lui ogni tanto mi parlava del suo papà . Diceva che era cattivo e che non voleva andare a vivere con lui». «Ho visto entrare a scuola degli sconosciuti. Ma uno sconosciuto può venire a prendere anche me? E se io gli dico che non voglio andare via con lui, cosa mi succede?». «Lorenzo è il più bravo di tutti, prende sempre dieci. Gli piacciono matematica, italiano e geografia. Ma gli piacciono anche il calcio e il Nintendo, come a me. Io ero con lui già  all’asilo ».
Ci sono anche silenzi che pesano come le pietre. «Il mio bambino — racconta una mamma — quasi non parla più. Di notte si sveglia due o tre volte e prima non gli era mai successo. Eravamo a tavola, il Tg ha trasmesso un pezzo del filmato in cui si vede Lorenzo a terra e si sentono le sue urla. “Io questa scena l’ho già  vista
— mi ha detto — dalle vetrate della palestra». «Mio figlio non ha parlato con me. Ha fatto però tante domande a suo fratello grande, di 15 anni. Sentivo che parlavano di affidamento, di poliziotti, di cosa sia una casa protetta…». «Mio figlio oggi non voleva venire a scuola. Se hanno portato via il mio amico — mi ha detto — possono portare via anche me. Ho dovuto convincerlo, gli ho detto che Lorenzo tornerà  presto».
C’è anche rabbia, davanti al cancello. «Tu porti il figlio a scuola e lo affidi allo Stato. Sai che fino alla fine delle lezioni puoi stare tranquilla perché è in buone mani. E invece succede una cosa come questa e non ti senti più sicura. La preside non doveva permettere questo. Doveva chiamare i carabinieri, quando ha visto quel bambino strapazzato e tirato da ogni parte. Nemmeno un cane, si mette dentro una macchina in questo modo».
La preside ha inviato una lettera di protesta al questore. «Tutto questo non poteva succedere dentro una scuola. Adesso noi non possiamo fare altro che attutire
il colpo. Discuteremo dei messaggi nella cassettina, ci saranno altri incontri con lo psicologo. Io ho cercato di oppormi, quando ho visto arrivare polizia e assistenti sociali. Ho chiamato anche un avvocato. Mi ha detto che se avevano un ordine dei magistrati io non potevo oppormi. Certo, quel banco vuoto fa male a tutti. Lo lasceremo lì, nella speranza che Lorenzo torni».
Ma resterà  vuoto, il banco grigio con le gambe di ferro colorate di blu. Nell’ordinanza del tribunale dei minori c’è scritto infatti che il bambino, affidato al padre, dopo la comunità  dovrà  frequentare una scuola di Padova, e non più quella con l’intonaco rosso nell’Alta Padovana. Al bimbo non è ancora stato detto nulla. Lui, nella comunità  alla periferia della città , ha paura di ogni adulto che si avvicini. «Voglio tornare a casa dalla mia mamma». Non ha voluto nemmeno cambiarsi, da tre giorni ha addosso la stessa tuta che aveva a scuola. Come se volesse fermare il tempo. Come se si aspettasse di tornare subito nella sua classe. Per giocare con i mostri Yu – Gi – Oh durante la ricreazione. E tornare ad essere «speciale» solo per i tanti 10 nella pagella.


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