“Ma che vuole da noi il mondo?” in fila con i nuovi poveri di Atene

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ATENE. MAL amata, la signora Merkel arriva per la prima volta in una Atene presidiata. Non vedrà  niente, l’Acropoli o i cani di strada e i frugatori di cassonetti. O la via Sofocleous.
MAGARI il suo collega finlandese, Jyrki Katainen, che dice che il suo paese può far da modello anche alla Grecia, e che ha una faccia meno conosciuta, potrebbe. Ogni giorno, alle due e mezza, in via Sofocleous si aprono i cancelli di un cortile transennato. Le persone, fra 800 e 1200 al giorno, sono divise in due file: nella prima i malati e invalidi. Aspettano che Agnes e Mary e gli altri volontari finiscano di tagliare in quattro i filoni di pane, poi comincia la distribuzione. Ciascuno riceve un pacchetto di cibo cotto e il pane. Adocchiano il tozzo che toccherà  a loro e lo confrontano col prossimo. Quando tutti sono sfilati, se qualcosa è avanzato, si può rimettersi in coda. Sono asiatici, africani, donne rom piene di bambini e di chiasso, donne dell’est europeo, ragazzi, clochard. Ma ci sono anche signori greci dal portamento decoroso, signore greche dal trucco curato, che vogliono nascondere il loro disagio. Di fare fotografie, qui, passa la voglia. I greci prima erano pochi, dice Agnes, diventano sempre di più. Questa mensa è tenuta dalle chiese ortodossa e anglicana. La stessa cosa succede negli altri punti in cui i comuni o la Caritas e i refettori scolastici assistono i poveri e gli impoveriti. I poveri si muovono a loro agio, scherzano o inveiscono, ogni tanto litigano. Gli impoveriti guardano altrove, sono mortificati, al punto di dimenticarsi di ringraziare. Dai Médécins du monde, i greci bisognosi di aiuto hanno sorpassato gli stranieri. (Anche i nazisti di “Alba dorata” organizzano distribuzioni di cibo: loro chiedono la carta d’identità  greca agli affamati).
Un greco su quattro avrebbe un reddito mensile inferiore a 470 euro. “Ma che cosa vuole il mondo da noi?”, chiede Maria, che è architetto, e lavora in una cordiale “taverna”. “Fin dove vogliono arrivare?”, chiede Elena V. È un’insegnante, mi fa il conto. Lo stipendio è dimezzato dalle “misure”; tredicesima e quattordicesima sono abolite (erano state le voci in cui gli statali avevano avuto gli aumenti, cosa apprezzata dai commercianti); il mutuo per la casa, che prima copriva una parte dello stipendio, ora lo copre pressoché per intero. Resto: zero. Aggiungici le nuove tasse sulla casa. Non le paga. E se gliela sequestrano? Voglio vedere, dice. “Fanno sparire i soldi dalla busta, ma se sperano anche che gli diamo gli ultimi spiccioli! Il governo ci penserà  due volte”. Per non dire di chi il lavoro l’ha perso. Semplicemente, non esiste più una piccola borghesia, né un ceto operaio. Le cose si trascinano solo grazie alle famiglie e ai risparmi, che però finiscono. Il governo ha deciso gli ennesimi tagli, altri 12 miliardi, e il primo ministro Samaras ha raccontato ai tedeschi di sentirsi come nella Germania di Weimar alla vigilia del crollo, e che a novembre le casse saranno vuote senza la nuova tranche del prestito. Nel parlamento la recita continua roboante, ma tutti sanno che il governo è appeso a un filo. Della maggioranza guidata dai conservatori di “Nuova democrazia”, non c’è cittadino greco, anche chi l’ha votata sotto il ricatto dell’espulsione dall’euro, che non dica: “Tutti ladri”. Il socialista Pasok è vicino a liquefarsi e la piccola “Sinistra democratica” di Kouvellis non ha ottenuto nemmeno una delle sue proclamate “correzioni”. Gli scandali sono colossali. Una truffa immobiliare da 23 miliardi (!) coinvolge decine di politici, fino al presidente del parlamento, seconda carica dello Stato greco, il quale si è autosospeso. Una lista svizzera di 2 mila evasori, consegnata alle autorità  greche dall’allora ministro francese Christine
Lagarde, era stata insabbiata e ora riesumata. È come sul Titanic, come in guerra: prima e terza classe, pescecani e morti di fame. L’Atene dei primi di ottobre ha ancora più di 30 gradi, e le persone stanno all’aperto — “basta far durare il cappuccino qualche ora di più” — ma l’inverno arriverà . Molti condominii hanno già  annunciato che non ci sarà  riscaldamento.
Il paragone con Weimar di Samaras voleva colpire l’opinione tedesca, ma non è così infondato. I colonnelli? Il mio amico Vassili taglia corto: “Un tenente colonnello in Grecia prende oggi 1.300 euro…”. Già . L’ascesa dei nazisti di “Alba dorata” è impressionante. La miscela è quella: disoccupazione, umiliazione nazionale, e, a far da capro espiatorio in tutt’altra veste, gli stranieri poveri. La Grecia ha centinaia di km di frontiera orientale, e una miriade di isole vicine alle coste turche, che ne fanno una Lampedusa moltiplicata per cento. Ora è la volta dei siriani: quanti ne arriveranno qui dei due milioni in fuga? La Turchia è entusiasta di far scorrere i migranti da Europa dell’est, Asia e Africa, e i regolamenti di Dublino impongono alla Grecia di chiuder loro i confini dell’Unione. L’ampiezza ingovernata di questa immigrazione è un credito che la Grecia può avanzare nei confronti dell’Europa. Intanto è Alba dorata a farne tesoro. Nella polizia, specialmente nei reparti speciali, i voti all’estrema destra sono stati maggioritari, e le complicità  sono impudenti. Cittadini che telefonano alla polizia si sentono rispondere di chiamare Alba dorata. Assalti di cortei fascisti, spesso in moto e con le bandiere spiegate, compiono pestaggi e veri linciaggi. Sotto la maschera di “comitati di cittadini” si organizzano aggressioni e intimidazioni. E’ appena toccato a un piccolo mercatino africano, devastato, e alla sede della comunità  tanzaniana, dalla quale qualcuno era uscito a fronteggiare gli assalitori. Le cacce all’uomo notturne si moltiplicano, e i fascisti vantano di pulire i “loro” quartieri da qualunque straniero. In centro, è frequente assistere a retate di polizia e scene di violenza. “Prima cose così non si vedevano — racconta Nikos, che fa l’autista — A un semaforo di Kolonaki ho visto un africano che attraversava la strada con indosso la maglietta della nazionale greca, uno in macchina gli ha gridato di togliersela, poi è sceso dall’auto e gli è andato addosso, quello era sbalordito, è scappato”. Vassili dice: “Se noi di Syriza cavalcassimo il risentimento contro gli immigrati e contro l’Europa prenderemmo il 60 per cento, però saremmo di nuovo alla peste rosso- bruna. Difendere le persone in carne e ossa prima dei ‘problemi’, e i più deboli fra loro, come sono la gran parte degli immigrati, è l’unico dovere certo. Dopo di che, nessuno sa abbastanza che cosa fare, e questo sarebbe l’impegno primo di una sinistra europea solidale e lucida: da non lasciare alle periferie meridionali e disgraziate”. E’ vero che l’immigrazione porta con sé crimini, di malavita organizzata o di sciagurati.
Resta, quanto alla Grecia povera, una questione singolare: il petrolio e il gas del Mediterraneo greco. C’è, non c’è? Se ne parla da decennii. I greci rispondono all’unisono che è un’altra delle porcherie delle loro grandi famiglie e dei governi ai loro comandi. E che la Grecia non è mai stata indipendente, e i diktat del “memorandum” di oggi sono solo l’ultimo anello di una catena di sequestri internazionali. Se petrolio e gas ci fossero, non sarebbe la Grecia ad arricchirsene, dicono. Non potrebbe succedere come in Norvegia? La Norvegia è lontana, dicono.
Quasi come la Finlandia.


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