«Quattro anni e l’interdizione» Il Pdl: tentato omicidio politico

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ROMA — Berlusconi condannato a quattro anni per frode fiscale sui diritti tv e interdetto per cinque anni dai pubblici uffici. Il suo partito, Pdl, scende in campo a difenderlo. Con toni e sfumature differenti, ma con una certa compattezza. Solo tre giorni fa Berlusconi aveva rinunciato a candidarsi di nuovo come capo del governo e aveva promosso le prime primarie nel Pdl.

I sostenitori più estremi chiedono addirittura che ci ripensi, che faccia un passo avanti dopo quello indietro di mercoledì e revochi le primarie da lui stesso convocate. Sono al momento tre e tutti e tre si erano candidati alle primarie. Daniela Santanché, innanzitutto: «Ho rivolto un appello al presidente Berlusconi perché riconsideri la sua scelta di non ricandidarsi». Santanché racconta di un colloquio con Berlusconi: «Ma non è questo il momento di parlare di quali siano ora le sue intenzioni», dopo la «vergognosa sentenza della magistratura politicizzata». Ed ecco Alessandra Mussolini: «Fossi Berlusconi, dopo la sentenza di oggi mi ricandiderei. La gente si indigna per i veri ladri, quelli delle ostriche e champagne, non per questo». E l’ex governatore del Veneto ed ex ministro Giancarlo Galan, area liberale del partito: «Mi verrebbe voglia di chiedere a Berlusconi di tornare in politica…». E, tuttavia: «Attendiamo con serenità  i prossimi gradi di giudizio».
Cancellare un’altra volta le primarie (erano state decise già  a giugno) per ora non sembra un’opzione maggioritaria. Ma contro la sentenza nel Pdl vengono usate parole forti, a tratti violente. Il segretario Alfano, il favorito alle primarie, descrive «una condanna inaspettata e incomprensibile con sanzioni principali e accessorie iperboliche». Fabrizio Cicchitto parla di «tentativo di omicidio politico». L’ex ministro ed ex coordinatore del Pdl Bondi prova «un sentimento di scoramento e angoscia per un Paese nel quale la giustizia può accanirsi in modo così spietato e sistematico contro un cittadino». L’ex ministro Raffaele Fitto afferma che la condanna «addirittura superiore a quella chiesta dalla pubblica accusa è l’ennesima conferma dell’accanimento giudiziario». L’ex ministro Sacconi dice che «la sentenza si colloca nell’anomalia giudiziaria italiana», che la riforma della giustizia dovrà  essere tema centrale nel prossimo confronto elettorale, «a partire dalla responsabilità  civile del magistrato». Osvaldo Napoli confida «ancora una volta nella serenità  dei giudici della Corte d’appello».
E protestano le donne ex ministro. «Accanimento giudiziario sproporzionato contro un leader votato e amato da milioni di italiani», secondo Michela Vittoria Brambilla. «Magistratura militante», per Mariastella Gelmini. «Odio cieco per Berlusconi» da parte di «certa magistratura», per Stefania Prestigiacomo, che pure da meno di un mese ha lasciato il Pdl. E Anna Maria Bernini: «Sentenza-clava ad personam». Giorgia Meloni invia a Berlusconi il suo incoraggiamento ed è convinta che «per garantirsi giustizia occorra combattere con le unghie e con i denti».
Poi, ci sono gli avversari politici. Rosy Bindi, presidente Pd è «inquietata» dal fatto che il destinatario di una sentenza così grave sia stato alla guida del Paese. «Giustizia è stata resa», è il commento lapidario di Di Pietro. Casini non intende «speculare sulla sentenza di condanna di primo grado a Berlusconi». Fini: «Non commento le sentenze». Nella Galleria Alberto Sordi, a Roma, pochi passi da Palazzo Chigi, un gruppetto di militanti del «Popolo Viola» brinda con lo spumante.
Andrea Garibaldi


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