Lo spread dei romanzi: Italia meglio dei tedeschi

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Sorpresa! Nella critica situazione dei rapporti economici Italia-Germania, un settore, ancorché piccolo, fa ancora registrare uno spread positivo per noi. Riguarda il mercato librario, in particolare le traduzioni di narrativa dall’italiano in tedesco e viceversa. E sono gli italiani a vendere un maggior numero di romanzi in Germania. Anche se da qualche anno la cifra totale dello scambio dà  la prevalenza ai libri tedeschi, per la narrativa no.

Compriamo saggi, vendiamo narrativa (oltre che libri per bambini, richiestissimi). Certo, è evidente che i tedeschi stanno aumentando la loro quota anche per quello che riguarda la narrativa, ma va tenuto presente che mai nessun romanzo tedesco recente ha venduto da noi quanto invece hanno venduto per esempio Eco o Camilleri. Lo attesta il «Bà¶rsenverein des deutschen Buchandels», l’associazione dei librai ed editori con sede a Francoforte. Ecco i dati del 2009: libri italiani tradotti in Germania: 333, di cui 105 romanzi; libri tedeschi tradotti in Italia: 317, di cui 55 romanzi. 2010 — libri italiani tradotti in Germania: 341, di cui 135 romanzi. libri tedeschi tradotti in Italia: 419, di cui 86 romanzi. 2011 — libri italiani tradotti in Germania: 317, di cui 127 romanzi; libri tedeschi tradotti in Italia: 429, di cui 102 romanzi.
È un andamento costante, che dura da molto tempo. Per i decenni trascorsi si ricordano i grandi successi di Eco e Susanna Tamaro, così come in anni più vicini quelli di Baricco e di Camilleri. Ma non solo. Scorrendo i cataloghi degli editori tedeschi, si trovano Magris e Moccia, Tabucchi e Carrisi, Piperno e i fantasy di Chiara Strazzulla, Scurati e Sveva Casati Modignani, e naturalmente i noir di Lucarelli Carlotto Malvaldi Carofiglio Vichi. Fra le acquisizioni concluse in questa vigilia di Francoforte ci sono Stefano Piedimonte, Nel nome dello zio (DuMont); Paola Soriga, Dove finisce Roma (Wagenbach); Giorgio Fontana, Per legge superiore (Hanser); Stefania Bertola, Romanzo rosa (Goldmann); Giancarlo De Cataldo, Io sono il libanese (Folio); Giovanni Montanaro, Tutti i colori del mondo, acquistato da DVA in un’asta che ha fatto spuntare un altissimo anticipo. Ma da dove nasce questa richiesta di romanzi italiani?
Sehnsuchtsland & intrattenimento — «Per i tedeschi in generale, dalla fine della guerra in poi, l’Italia è stato il Paese delle prime vacanze di massa, sole mare cucina musica» dice Christiane Landgrebe, traduttrice dei romanzi di Andrea Vitali e, recentemente, di Sua santità  («È già  alla seconda edizione, si vende come il pane») di Gianluigi Nuzzi, pubblicato da Piper. «Ma in particolare, i tedeschi colti, da sempre fanatici del Paese dove fioriscono i limoni, scendono in Italia in pellegrinaggio almeno una volta ogni cinque anni, vittime di una misteriosa nostalgia, una Sehnsucht che risale forse addirittura al Sacro romano impero». Già , ma cosa hanno i nostri libri da offrire ai lettori tedeschi? «Gli italiani hanno un gran talento per raccontare, inoltre hanno differenti culture regionali molto vive. Ma soprattutto non si fanno scrupoli a svelare i segreti dei potenti, a parlare delle storture della vita politica e sociale. È una letteratura in movimento, che del resto è, è stata, molto vicina al cinema».
«Non bisogna dimenticare, però, che in Germania si traduce moltissimo da tutti i Paesi» avverte Viktoria von Schirach, da circa vent’anni scout per vari editori tedeschi, traduttrice nonché curatrice di due antologie di scrittori italiani. «È vero comunque che l’Italiano è una delle lingue più tradotte, al secondo o al terzo posto dopo l’inglese». Ci sono anche molte traduzioni di classici, è appena uscita una nuova edizione del Decameron, mentre l’anno scorso ci fu una nuova traduzione di Dante. «In questi casi però sono spesso le università  che finanziano lavori di grande impegno ma che non possono diventare bestseller e ripagare il lavoro. Tenendo invece conto del mercato, l’interesse per i libri italiani dipende anche da un fatto economico: con i libri anglo-americani che chiedono ormai anticipi irraggiungibili, i piccoli e medi editori si rivolgono ad altri mercati. Così è cresciuta anche l’attenzione per i romanzi italiani, che hanno anticipi abbordabili. Tanto che, se un libro vende 2-3 mila copie, l’editore è già  rientrato nelle spese. Ripeto, non c’è solo un fattore economico, ma anche questo ha influito». E a quali gusti deve corrispondere un romanzo italiano per essere tradotto? «Oggi il lettore cerca soprattutto lo svago, l’intrattenimento. Un elemento folklorico, dico io, pasta, un bel paesaggio, un intreccio giallo, magari un thriller fra i vigneti del Chianti con un ispettore simpatico e un morto con un coltello nella schiena».
Ma con questi ingredienti, a volte non occorre nemmeno che l’autore sia italiano: i tedeschi impazziscono per i gialli «venezianti» dell’americana Donna Leon, 70 anni. «Altri esempi, Io sono il male di Roberto Costantini fu comprato subito, è uscito ad agosto da Bertelsmann e va bene: è un thriller, si svolge a Roma, c’è il Vaticano di mezzo. In Germania il Vaticano va forte, come dimostra appunto il libro di Nuzzi. Non vanno invece i teologi critici tipo Vito Mancuso: noi abbiamo già  avuto la Riforma (ride…). Un altro libro che è piaciuto è Accabadora di Michela Murgia, uscito da Wagenbach: c’è un immaginario arcaico femminile, la Sardegna. Per un po’ di anni anche mafia camorra e ‘ndrangheta hanno funzionato bene, in testa a tutti Saviano che è andato benissimo. A volte però basta un risultato deludente — è accaduto con Ero cosa loro di Giusy Vitale, tradotto nel 2010 da DVA — per far diminuire un po’ l’interesse». Anche se l’attenzione per la malavita organizzata in Italia continua: Gotica di Giovanni Tizian è stato acquistato, ed è appena uscito da Klett Cotta FAQ Mafia di Attilio Bolzoni. «Mi sembra comunque di vedere che la curiosità  per l’Italia folklorica è in via di superamento, che ci sia più spazio per libri letterariamente importanti. Anche se il romanzo di Emanuele Trevi, che io giudico molto buono, non mi è riuscito di venderlo, forse è troppo italiano…».
Goethe & Mann — E viceversa, dal tedesco all’italiano, come funzionano le cose? Intanto, nota Barbara Griffini dell’agenzia Berla & Griffini (rappresenta una ventina di marchi editoriali fra cui Random House, Piper, Fischer e di recente anche Suhrkamp), c’è la soddisfazione di vedere che sta crescendo l’acquisto di libri tedeschi. Ma cosa si compra in Italia?
Lo chiediamo ad Alberto Rollo, direttore letterario di Feltrinelli, la casa editrice che negli anni 60-70 ha fatto conoscere i più importanti autori di lingua tedesca (Grass e Uwe Johnson, gli austriaci Handke e la Bachmann) e che di recente ha tradotto Daniel Kehlmann e i libri di Herta Mà¼ller, Nobel 2009. «La stagione dei Grass e dei Bà¶ll è finita, così come quella di Siegfried Lenz — dice —. Si è aperto un nuovo periodo, ci sono nuovi autori e fra questi cerchiamo scrittori dotati di autorevolezza. Che insomma abbiano digerito Thomas Mann e siano in grado di lasciare una traccia. Ma c’è un però». Quale? «Noi giudichiamo le scelte degli editori tedeschi un po’ folkloriche (colore locale, storie regionali, molti noir), ma forse anche noi, fra virgolette, siamo un po’ folklorici nelle nostre attese. Un folklore alto, è vero, però leggiamo un romanzo tedesco con in testa la linea Goethe-Mann. Così facendo perdiamo tutta la produzione leggera che c’è in Germania». Per esempio i polizieschi, come quelli di Sebastian Fitzek (Elliot e ora Einaudi Stile libero), o anche i fanta-thriller di Frank Schà¤tzing, Il quinto giorno, Nord. «Non solo, ma c’è anche la letteratura femminile, il genere sentimentale. Qualche anno fa, con l’austriaco Daniel Glattauer, Le ho mai raccontato del vento del Nord, abbiamo avuto un buon successo».
Ultima parola all’agente. «Ci sono due paradossi — dice Barbara Griffini —. Sebbene gli scambi commerciali fra Italia e Germania siano fra i più alti in Europa, questo non vale per il mondo letterario. E poi: l’editoria italiana cerca nella letteratura tedesca qualcosa di elevato (letteratura tedesca = Thomas Mann) ma poi lo rigetta dicendo: no grazie, per noi è troppo alto. In questa difficile situazione, la gratificazione per il mio lavoro arriva dal vendere romanzi di alta qualità  letteraria a chi crede ancora nell’importanza della cultura. Spesso si tratta di piccoli editori indipendenti».


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