Listone Sel-Pd, spuntano nome e simbolo
ROMA — Sono giorni di nervosismo, questi, per Sel. E la ragione di tanta inquietudine non riguarda solo l’attesa della sentenza nei confronti di Nichi Vendola, prevista per mercoledì. Anzi ieri, a questo riguardo, nel quartier generale del presidente della Regione Puglia si respirava un’aria di cauto ottimismo. C’è un altro motivo che fa fibrillare Sel in questo periodo: le indiscrezioni che sono filtrate in questi giorni sulla possibilità che si dia vita a un grande listone di centrosinistra hanno provocato un terremoto nel movimento di Vendola.
L’ex segretario di Rifondazione comunista Franco Giordano, uno dei dirigenti di Sel più vicino al ‘‘governatore” pugliese, ha smentito categoricamente questa ipotesi. «È fantapolitica», ha sostenuto l’ex leader del Prc, che poi ha aggiunto: «Nessuno, tanto meno io, ha mai auspicato questa prospettiva».
Eppure circola già da qualche giorno il possibile nome della lista che potrebbe raggruppare insieme Partito democratico, socialisti di Nencini e Sel: «Italia, bene comune», scritto in rosso e verde su uno sfondo bianco, per riprendere i colori della bandiera del nostro Paese. È lo stesso nome con cui è stata battezzata la coalizione che organizza le primarie del centrosinistra, nonché il titolo dell’appello rivolto agli elettori dall’alleanza Pd, Sel e socialisti. Ed è uno slogan caro al segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani, che lo ha già utilizzato per altre iniziative.
Nel logo del listone rimarrebbero però anche i nomi e i simboli dei tre partiti, onde evitare innovazioni troppo brusche, che possono generare confusione nell’elettorato di centrosinistra.
Mettere insieme Sel e socialisti consentirebbe al Pd una più facile gestione della dialettica interna alle tre forze politiche. E questa è una preoccupazione che Bersani ha, perché, come ha detto tante volte, non vuole fare «un bis dell’Unione». «Da quel punto di vista abbiamo già dato», è una delle frasi che il leader del Partito democratico ama ripetere spesso.
Sempre per lo stesso motivo, cioè per rassicurare gli elettori circa le intenzioni del centrosinistra, Bersani in questi giorni sta ripetendo che Mario Monti non scomparirà dallo scenario politico italiano, tornando alla Bocconi. Già , perché il Pd vedrebbe bene l’attuale premier al Quirinale, nella prossima legislatura. Il suo nome sarebbe una garanzia e spegnerebbe le preoccupazioni di quanti, in Italia e all’estero, vedono con una certa apprensione la prospettiva di un governo sbilanciato a sinistra.
È chiaro, comunque, che l’ipotesi del listone unico dipende anche dalla legge elettorale. Se rimarrà il Porcellum, Pd e Sel (non i socialisti che non raggiungerebbero mai il quorum e che a quel punto verrebbero assorbiti dal Partito democratico) potrebbero anche andare con due liste, anziché con una sola, e «Italia, bene comune» diventerebbe a quel punto il nome dell’alleanza elettorale. Sel, infatti dovrebbe riuscire a superare la soglia prevista dall’attuale legge. L’ipotesi delle due liste, ovviamente, si realizzerebbe solo nel caso in cui le resistenze che provengono dal movimento del ‘‘governatore” pugliese diventassero troppo forti.
Ma se alla fine la legge elettorale dovesse cambiare, allora il listone diventerebbe inevitabile perché la soglia di sbarramento prevista dalle bozze di riforma che sono allo studio del Senato è più alta di quella del Porcellum e non è affatto detto che Sel riesca a superarla.
Comunque, quale che sia la legge elettorale con cui si andrà alle elezioni, una cosa è certa: listone o non listone, il Pd punta a formare un unico gruppo in Parlamento con socialisti e Sel.
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