L’ironia degli euroscettici e un dubbio per i leader: chi ritirerà il premio?
E neppure le falangi di criticoni su Twitter: «Ma si può? Un premio alla Ue dalla Norvegia, una nazione che non sta nella Ue…». Però fanno tutti una stecca, non è l’ora delle ghignate. È invece una giornata davvero importante, a Bruxelles, un onore davvero storico. Solo che, come altri colossi, anche il colosso Ue può essere goffo nei movimenti, specie quando l’emozione è forte. Ieri, è accaduto: nel trovare una sola voce e un solo momento per gioire, ad esempio. Ore 11.20 circa: gioisce per primo il presidente dell’Europarlamento Martin Schulz, prima su Twitter e poi in un comunicato ufficiale, dicendosi «commosso». Ore 12.12: gioisce, da Bruxelles, il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso. E quasi nello stesso istante, da Helsinki e su Twitter, il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy. Ore 12.14: gli stessi Barroso e Van Rompuy gioiscono insieme, in un comunicato. Poi Catherine Ashton, «ministro» degli Esteri dell’Unione; e altri commissari europei (uno fra tutti, l’italiano Antonio Tajani: «Questa è un’iniezione di fiducia» per la Ue), poi ancora eurodeputati, presidenti di commissione, tanti altri: per i supercritici come Farage o Wilders, una corsa imbarazzante all’occhio delle telecamere, per rivendicare il merito e mettere il cappello sulla poltrona di Oslo. Ma il vero problema è adesso un altro: chi andrà , proprio a Oslo, a ritirare in nome dell’Europa la medaglia, il diploma, e l’assegno da 8 milioni di corone svedesi — 923 mila euro — che rappresentano il Nobel? I presidenti «papabili» sono tre. Almeno fino a sera nulla è stato deciso, in fondo c’è tempo fino a dicembre per farlo, e magari andranno tutti e tre. Van Rompuy spiega che questa è l’ora di assaporare la gioia, più tardi si parlerà del resto. Schulz dice qualcosa di più: «In nome del Parlamento europeo, e insieme alle altre istituzioni europee, aspetto con emozione il momento in cui riceveremo il Premio Nobel a Oslo». «Riceveremo a Oslo» è già un annuncio. E dopotutto, butta lì con malizia un dispaccio dell’agenzia France Presse, Schulz è l’unico fra i leader Ue ad essere stato eletto dai cittadini europei. Cioè dai veri beneficiari dell’onorificenza, secondo quanto affermano tutti. Ma c’è perfino chi vorrebbe vedere ad Oslo anche il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. Mentre la commissaria Ue agli Affari interni, Cecilia Malmstrà¶m, svedese, propone di mandare alla cerimonia 27 bambini di tutti i Paesi. Alla fine, la scelta sarà naturalmente mediata senza traumi dalla diplomazia, forse già il 18 ottobre, nel vertice dei capi di Stato e di governo: dopotutto, il motto della Ue è «in varietate concordia», «unità nella diversità ». Nell’attesa, gli euroscettici continuano a gridare: dal presidente ceco Vaclav Klaus («errore tragico, pensavo che fosse uno scherzo»), a un altro Nobel per la pace, Lech Walesa («sono deluso»), ai media inglesi che fiancheggiano il loro premier David Cameron nel mettere una mezza sordina all’evento. «In varietate concordia»: a 60 anni di età , la Ue ha conquistato un Nobel; ora, forse, deve conquistare la fiducia in se stessa.
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