L’inevitabile catastrofe del patrimonio culturale

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Ora che tutti si scandalizzano per le mascherate squallide dei consiglieri regionali del Lazio, bisognerebbe ricordarsi che già  qualche anno fa l’amministrazione Alemanno aveva chiuso il centro di Roma per far correre sul Corso bighe e altre carrette d’epoca con figuri e figuranti mascherati, non tanto dissimili dalla festa di Ulisse dove abbiamo visto immortalata la Polverini. L’idea di spettacolo che hanno è quella evidentemente, più o meno prude, ma con la stessa sfacciataggine di esibirla. Come l’apparizione mitica della «presidente commissione cultura» sui sanitari sporchi che lei e altri sciagurati trovano «una provocazione»: ma a cosa? Solo a chi ce l’ha eletta e a chi ce l’ha nominata presidente.
Ora c’è il problema «strutturale» che avendo i teatranti, gli artisti e gli intellettuali subìto e accettato, nella media, che politici e politicanti mettessero i piedi (e anche tutto il resto, comprese le loro corti dei miracoli, e delle miracolate), nei luoghi decisionali, sarà  dura liberarsene. Soldi, nel senso di finanziamenti e garanzie, non ce ne sono più, o sono ridotti al lumicino di pura sopravvivenza. Resta una ingombrante eredità  che tra crisi globale, spending review e comportamenti dissennati, andrà  vicino allo zero quanto a possibilità . Con organismi che hanno perso ogni forma pensante, e che andranno ricostruiti pazientemente da capo.
Non è catastrofismo questo, ma facile previsione. Le situazioni che restano ancora in piedi, per lo più fanno parlare di sé per motivi assai lontani da quelli istituzionali, e viene sempre il dubbio se certi «avvenimenti» abbiano una occulta regia, o se la stoltezza sia ormai endemica e ineludibile. Tra i teatri stabili, quello più chiacchierato (a cominciare dal giornale principale della città , Il Piccolo) sembra essere quello di Trieste, dopo che ai primi di agosto è rimbalzata da New York la notizia della disavventura occorsa al suo direttore, Antonio Calenda, che essendosi perdutamente innamorato di una ballerina afroamericana reclutata per uno spettacolo con Albertazzi della scorsa stagione, le ha improvvidamente «prestato» quasi un milione di dollari per comprarsi casa a Manhattan. Ma l’ingrata, appena entrata nel Lower East Side, ha disdetto ogni impegno e ogni debito. Lui è ricorso alla giustizia, ma è molto sceso nella attendibilità  dell’opinione pubblica triestina. Aprendo, dopo quasi vent’anni, un discorso di successione alla sua carica.
Meno «personale» e ben più drammatica la situazione in Sicilia: la regione del governatore Lombardo pronta ad andare a urne travagliate, ha di fatto «azzerato» l’estate, e forse anche le stagioni seguenti. Non solo non ha pagato i contributi promessi e stanziati dal 2010, ma ha fatto svaporare i contributi europei, ben sostanziosi, che sarebbero dovuti arrivare attraverso i Por gestiti appunto dall’ente regionale. Pura incapacità , magari di funzionari assunti per sola raccomandazione, o sindrome di Sansone con tutti i Filistei?
Sempre dal sud arrivano le onde più consistenti dello tsunami prossimo venturo. Gli orchestrali del Petruzzelli di Bari sono arrivati a manifestare fino a Roma: non pare loro possibile neanche la transizione dalla modesta gestione postricostruzione verso un rilancio come quello avviato. E gli enti lirici, in certe città  sono tra le maggiori fonti di impiego. Ma davvero più eclatante si è fatta ora la situazione dell’opera di Cagliari. Non solo per la situazione paradossale che vedeva l’ente lirico senza sovrintendente da diversi mesi, ma soprattutto perché il sindaco Zedda ha stravinto le elezioni lo scorso anno proprio in nome della speranza e del cambiamento. Per l’occasione, avendo liquidato a caro prezzo l’ex sovrintendente Di Benedetto, ha richiesto che gli interessati alla carica mandassero al comune, cui spetta la nomina, un curriculum. Se ne son viste delle belle, come l’autocandidatura dell’attuale assessore provinciale alla cultura, che anche a questo incarico era stato paracadutato dalla segreteria nazionale dei giovani del medesimo Pd. Il sindaco Zedda non ha ceduto alle sirene della politica, ma ha nominato una giovane organizzatrice teatrale, Marcella Crivellenti. Contro il parere compatto del cda, anche per la scarsa esperienza di gestione di un teatro d’opera, notoriamente molto complessa. Lei era finora organizzatrice di di attori solisti di pregio, come Elio Germano e Isabella Ragonese, ma un’opera presuppone le masse in scena, e i rapporti con tutte le singole categorie. Dai giornali locali traspare una insoddisfazione fortissima, e per altro non si trova ora traccia del suo curriculum. Di cui qualcuno ricorda gli esordi: assistente personale di Giorgio Albertazzi direttore del Teatro di Roma.
Se Zedda si è cacciato in un pasticcio, chi se l’è trovato già  preparato e non riesce a districarlo, è sicuramente il sindaco di Napoli De Magistris. Ma almeno lui non perde occasione per dichiararsi contrario alla esclusività  privilegiata per cui Luca De Fusco assomma nelle proprie mani tutte le responsabilità  dello spettacolo napoletano, attraverso la direzione di stabile e festival. Bisognerà  aspettare lo scossone elettorale, di segno imprevedibile, per rimuovere quest’altro macigno?


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