«Incarico pd pagato dalla Regione» Indagata la segretaria di Bersani

by Sergio Segio | 25 Ottobre 2012 6:04

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BOLOGNA — Dove va lui, c’è lei. È così da vent’anni. Che sia il vertice della regione Emilia-Romagna o di un ministero, per non parlare poi dell’attuale carica di grande capo del Pd, non c’è un Pier Luigi Bersani senza una Zoia Veronesi e la sua agenda. Ora lei, 60 anni, segretaria più affidabile di un bund tedesco, è indagata per truffa aggravata ai danni della Regione Emilia-Romagna: il sospetto della Procura di Bologna è che, tra la metà  del 2008 e il 2010, abbia indebitamente lavorato per il segretario del Pd, nonostante fosse alle dipendenze e a busta paga della Regione guidata dal governatore Vasco Errani, altro pezzo grosso del Pd, legato a Bersani. A tirare fuori la storia è stato il parlamentare ex pdl e ora finiano, Enzo Raisi, con un esposto che risale al 2010, secondo il quale l’incarico ricoperto da Zoia Veronesi a Roma («Dirigente di raccordo con le istituzioni centrali e con il Parlamento») sarebbe stato costruito su misura per lei, ad hoc, così da consentirle di continuare ad essere a disposizione del segretario pd. A conferma della sua tesi, l’esponente di centrodestra sottolinea come «non vi sia mai stato alcun rendiconto dell’attività  svolta dalla signora per la Regione: né giustificativi, né relazioni».
Luce rossa ai piani alti del Pd. Anche se tutta da provare, una storia di questo tipo non è il miglior viatico in vista di primarie incandescenti. Non a caso, il portavoce della Procura bolognese, Valter Giovannini, ha tenuto a sottolineare che «le indagini, allo stato, sono circoscritte alla signora Veronesi». La difesa attorno alla segretaria è compatta. Il suo legale, Paolo Trombetti, sforna certezze: «Tutto regolare, nessuna ombra: saremo in grado di chiarire ogni cosa davanti al pm». Nel quartier generale pd, c’è chi se la cava con una scrollata di spalle («È una storia vecchia») e chi evoca la solita giustizia ad orologeria («Che coincidenza, adesso che le primarie decollano…»).
Apparentemente sereno Bersani: «Doveroso che la magistratura accerti, visto che c’è un esposto, ma sono certo che le cose sono state fatte per bene». Due anni fa, quando si seppe dell’esposto, la donna sostenne che nel periodo tra il 2008 e il 2010 faceva la segreteria di Bersani a tempo perso: «Sono sempre stata una dipendente regionale: poi nel weekend faccio gratuitamente ciò che mi pare».
Una storia che parte da lontano. Il binomio Bersani-Veronesi inizia nel 1993 quando l’attuale segretario è presidente della giunta emiliana. Da quel momento, la donna prende dalla Regione varie aspettative per seguire l’ascesa di Bersani: dal 1996 al 2001 ministro nei governi Prodi, D’Alema 1, D’Alema 2, Amato; dal 2006 al 2008 titolare dello Sviluppo nel Prodi 2. Quando cade il governo, la situazione si fa confusa. A maggio 2008, la Regione Emilia-Romagna istituisce a Roma la figura dirigenziale di «Raccordo con le istituzioni e il Parlamento», poltrona sulla quale 3 giorni dopo siede la Veronesi, per rimanerci fino al 2010. Sono questi 18 mesi sotto la lente dei magistrati. Raisi sostiene che la signora in realtà  lavorava per Bersani. E che di quell’ufficio di «Raccordo» non c’era alcun bisogno, dato che «la Regione dispone di una struttura con una decina di dipendenti a Roma in via Barberini». Resta il fatto che nel 2010, quando la Veronesi si dimise (per essere assunta dal Pd), l’ufficio viene soppresso. Ora la segretaria è attesa dal pm Giuseppe Di Giorgio, mentre Raisi si toglie sassolini dalle scarpe: «La Procura è cambiata: prima i miei esposti venivano frettolosamente archiviati…».

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