Licenziato, si dà fuoco al Quirinale
Obiettivo Quirinale, dove ieri, poco prima delle due del pomeriggio, l’uomo si è dato fuoco. Si è spogliato e si è lasciato abbracciare dalle fiamme, per il terrore dei turisti. A salvarlo sono stati tre carabinieri in servizio presso la presidenza della Repubblica. In pochi secondi si sono avventati sull’uomo, coprendolo con una coperta. Un’azione in cui uno dei militari ha riportato una leggera ferita a una mano. Per capire se il rumeno sopravviverà alle ustioni saranno decisive le prossime ore. I medici dell’ospedale Sant’Eugenio non si sbilanciano: ha riportato lesioni profonde sul 30 per cento del corpo.
Affetto da uno “stato ansioso depressivo reattivo”, come comunica il Quirinale, e segnalato ai servizi sociali di Torino, l’autotrasportatore di Bacau, aveva già provato a farsi sentire presso le alte cariche dello Stato. Ma senza ottenere quanto sperato: il suo video-appello a ieri era fermo a sole 33 visualizzazioni su YouTube.
Nel filmato l’uomo racconta di essere un dipendente dell’Arcese, società di trasporti trentina, e di aver subito quattro anni di mobbing. Fino all’apice toccato con il mancato permesso di poter rientrare in patria per il funerale della madre. Una denuncia che, spiega l’uomo, non sarebbe stata presa in considerazione dalla giustizia italiana.
Qualche fortuna avevano invece registrato i tentativi tradizionali: il presidente Giorgio Napolitano aveva risposto alla sua lettera. Poi, le dimostrazioni a Bruxelles e Strasburgo, di fronte al Parlamento europeo e alla Corte di giustizia. Infine, le vie istituzionali: come riporta il sito di informazione rumeno cotidianul.ro, nel 2009 Florin Damian aveva ottenuto un incontro con l’ambasciatore Razvan Rusu e strappato un atto diplomatico indirizzato all’allora ministro della Giustizia Angelino Alfano.
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C’era bisogno di intervenire e il governo non si è tirato indietro incassando a fine serata un plauso, che seppure non unanime è comunque ampio e significativo. Il decreto emesso ieri dal Consiglio dei ministri per la continuità produttiva dello stabilimento Ilva introduce delle novità e fissa alcuni punti importanti. Innanzitutto lega la risoluzione del rebus di Taranto, la necessità di riuscire a conciliare nel Mezzogiorno ambiente e lavoro, all’immagine stessa dell’Italia nel consesso internazionale.