Le mille gaffe della prima della classe

by Sergio Segio | 23 Ottobre 2012 5:45

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Ma «la più prima della classe» è recidiva per natura, per carattere, per statuto e in qualche misura anche per convenienza, quindi lo rifarà . Si perdoni il tono oracolare, ma una volta assaggiato il succoso e nutriente frutto della popolarità  mediatica non solo i protagonisti tendono a ripetersi, ma anche ad aumentare la dose e a spararle più grosse. E su un tema non sensibile, ma sensibilissimo. Ad esempio, i giovani.
Per cui ieri, forse anche per questo, Fornero è stata contestata e ha dovuto abbandonare un convegno. Questo pone la faccenda del suo conclamato iperprotagonismo su di un piano scivoloso, e tocca ripetere che la parola è sacra e nessuno è abilitato a toglierla a nessuno. Ma la più netta rispulsa della prepotenza consentirà  di osservare che prima dei fischi di Nichelino, in un consesso decisamente amico quale poteva essere l’Assolombardo, quella parola detta in inglese è suonata davvero irritante, per non dire odiosetta.
E se il ministro, che pure conserva l’ardore delle sue convinzioni, non capisce che effetto faceva quella formula psico-pedagogica, «lo dico sempre ai miei studenti», e più in generale quell’intenso porgersi ex cathedra al culmine dell’ipertrofia telepolitica, beh, magari è arrivato il momento di chiedersi se Fornero, con tutto il rispetto che le si deve, non si sia un po’ montata la testa; e se per caso non sia divenuta anche lei, come tanti altri, un po’ «fanatica», là  dove le virgolette, almeno nella scettica capitale di questo Paese, indicano una certa ansia di distinguersi, di primeggiare, di far bella figura.
Non si vorrebbe ridurla a una questione di tecnica comunicativa perché i contenuti, le pensioni, gli esodati, la disoccupazione, l’articolo 18, il precariato e via dicendo, restano cruciali. Ma accade che taluni personaggi – vedi Brunetta, o Rosy Bindi, o Santanché – comincino o meglio finiscano comunque per sentirsi dei «fenomeni ». Questo sicuramente li aiuta, almeno in un primo momento, imponendoli nel regime degli spettacoli politici. Ma poi, tra la loro auto-percezione e l’effetto sul pubblico, si fa sentire una quantità  di variabili pazzesche e per lo più inesplorabili. L’enfasi consuma attenzione, l’overdose stufa, il demone della visibilità  pretende, loro rilanciano, poveretti, e gli incidenti di solito si moltiplicano, determinati da diversi fattori.
Il primo è un aumento di suscettibilità . Vauro fa una vignetta e il ministro si risente. Il secondo è un disagio, o un disturbo, o comunque un impiccio abbastanza stressante che nel mondo anglosassone ha nome – ah-ah – «Information Fatigue Syndrome» e investe chi è costretto a vivere sotto la luce dei riflettori. Ma il terzo e decisivo arriva dal combinato disposto dei primi due e porta Fornero ad essere vissuta come una figura molto peggiore di quello che per fortuna sua, dei suoi cari e forse anche dei suoi studenti, è in realtà .
Si perdoni l’irrilevante fragilità  con cui si pretenderebbe di illustrare questa sorta di teorema, ma sempre più l’immaginario del potere si alimenta di immaginifiche vibrazioni e controprove. Con il che vorrà  pur dire qualcosa che in vari e distinti ambiti il ministro del Lavoro è stato avvicinato, per somiglianza fisica e ruolo, a tre personaggi cinematografici: la caposala cattiva di «Qualcuno volò sul nido del cuculo » (l’attrice Louise Fletcher), la cuoca sordomuta di «Invito a cena con delitto» (Nancy Walker) e la numero tre della Spectre in «007 dalla Russia con amore» (Rosa Klebb). Gli schizzinosi di tutta Italia, o «choosy» che siano, abbiano pazienza e cerchino di capire che quasi mai il potere migliora le persone.

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