«Così Ciancimino jr tenta di salvare il tesoro del padre»

by Sergio Segio | 5 Ottobre 2012 7:35

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ROMA — A Palermo, da testimone della cosiddetta trattativa tra lo Stato e Cosa nostra al tempo delle stragi, s’è ritrovato imputato per concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia. Nel frattempo varie Procure d’Italia si sono interessate a suoi presunti traffici illeciti; ultima in ordine di tempo quella di Roma, che indaga su Massimo Ciancimino per riciclaggio. L’accusa — scaturita da un fascicolo arrivato dalla Direzione distrettuale antimafia dell’Aquila — è di aver compiuto, insieme a otto presunti complici, «attività  dirette a impedire l’identificazione dell’origine delittuosa di somme di danaro facenti parte del cosiddetto “tesoro di Vito Ciancimino”».
Si tratta dei soldi accumulati dall’ex sindaco mafioso di Palermo, morto dieci anni fa, che secondo i magistrati aveva accumulato «immense fortune frutto di tangenti e della collaborazione costante con l’ala corleonese di Cosa nostra, e in particolare con il boss Provenzano».
Buona parte di quel tesoro era stata investita nella società  rumena Ecorec che gestisce la più grande discarica d’Europa, a Bucarest, il cui valore è stimato in 115 milioni di euro.
«Questo ufficio assume che alla data odierna la Ecorec sia ancora nella disponibilità  di Massimo Ciancimino», hanno scritto i pubblici ministeri Delia Cardia e Antonietta Picardi (quest’ultima in servizio a L’Aquila ma applicata all’indagine romana) nel provvedimento di perquisizione con il quale i carabinieri del comando per la Tutela dell’ambiente si sono presentati nella casa palermitana del giovane Ciancimino e in quelle degli altri indagati. I quali, secondo l’accusa, nelle rispettive vesti di prestanome, acquirenti, mediatori e altri ruoli «stanno tentando di vendere la società  per capitalizzare i proventi e, verosimilmente, disperderne le tracce».
Agli atti dell’indagine sono emersi i diversi anelli della catena che della società  Ecorec (che amministra la discarica di Bucarest e un’altra a Glina, alla periferia della capitale rumena) arriva fino a Ciancimino jr. Formalmente la società  appartiene per l’82 per cento a un’altra società  di diritto rumeno, la Alzalea, di cui è titolare tale Raffaele Valente, che per gli inquirenti non è altro che un prestanome: da alcune intercettazioni «emerge in maniera chiara il suo ruolo di mero esecutore delle decisioni degli altri soci» che però avrebbe già  provveduto ad aprire un conto corrente in Montenegro dove depositare la sua parte di guadagni. Gestori di fatto della Ecorec sarebbero il rumeno Victor Dombrosvschi e l’italiano Sergio Pileri, anch’essi titolari di quote minoritarie. Nella ricostruzione degli inquirenti Pileri, considerato il «dominus» della società , «ha costanti colloqui telefonici con Romano Tronci (già  coinvolto nell’indagine palermitana in cui Ciancimino jr è stato condannato per riciclaggio un anno fa, ndr) e Franca Sidoti (moglie di Tronci, ndr). Parallelamente, la Sidoti e il Tronci sono in contatto con Massimo Ciancimino, con analoghe modalità  di comunicazione».
A maggio scorso «Valente ha preso ordini per i tempi e modi della vendita della società  da Tronci»; a comprare doveva essere una società  chiamata Ecovision International, presieduta da tale Nunzio Rizzi che mentre trattava con Valente «l’affare Romania» era in collegamento con un paio di imprenditori già  inquisiti per bancarotta e associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Fino alla scorsa settimana i carabinieri hanno verificato incontri considerati sospetti a Roma tra Pileri e Tronci, il giorno successivo a Milano tra Ciancimino e la Sidoti, moglie di Tronci, e l’indomani tra la Sidoti e Pileri, sempre a Milano. La conclusione dell’affare, in una conversazione intercettata tra gli ultimi due, viene definita «un miracolo».

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