L’affondo di Napolitano: quadro politico inadeguato

by Sergio Segio | 6 Ottobre 2012 6:17

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ROMA — Evoca lo spirito con il quale credenti e non credenti lavorarono nell’Assemblea costituente perché, nonostante l’asprezza del conflitto ideale seppero raggiungere momenti di alta condivisione. Giorgio Napolitano, osservando il deserto morale nel quale è caduto il Paese, invoca uno scatto perché è «dalla schiettezza del dialogo e da un suo esito fruttuoso che possono venire gli stimoli e i sostegni nuovi per una ripresa di slancio ideale e di senso morale della quale ha acuto bisogno la nostra comunità  nazionale, come in pochi altri momenti, da quando ha ritrovato, con la democrazia, la sua libertà ».
La riscossa morale è il filo conduttore del discorso tenuto dal Presidente ad Assisi durante un confronto con il cardinale Gianfranco Ravasi su «credenti e non credenti». Un discorso che, dal punto di vista dell’analisi dei mali che affliggono l’Italia, è contrassegnato da una acuta amarezza, accompagnata però dall’ottimismo della volontà . «Abbiamo bisogno in tutti i campi di apertura, di reciproco ascolto e comprensione, di dialogo, di avvicinamento e unità  nella diversità , abbiamo cioè bisogno dello spirito di Assisi». L’analisi di Napolitano muove da una constatazione, e cioè che «la società  italiana è percorsa da una fase di profonda incertezza e inquietudine, nella quale forse sarebbe da rivisitare e più fortemente affermare la nozione di “bene comune” o quella di “interesse generale”». Principi che si sono smarriti (come si può constatare leggendo le cronache giudiziarie di questi tempi) e che devono tornare a ispirare l’agire quotidiano di politici e cittadini. È necessario, sollecita il capo dello Stato, «suscitare tra gli italiani una più diffusa presa di coscienza e mobilitazione morale e civile». La sfiducia è originata certamente dalla crisi economica e finanziaria che flagella un’Europa «non abbastanza unita, solidale e lungimirante». Tuttavia, ad acuire questo sentimento di «incertezza e grave disorientamento» c’è anche, nota ancora Napolitano, «l’inadeguatezza del quadro politico a offrire punti di riferimento e prospettive, percorso com’è da spinte centrifughe e tendenze alla frammentazione». Non solo. Ad alimentare la disaffezione ci sono poi «fenomeni di degrado del costume e di scivolamento nell’illegalità  che, insieme con annose inefficienze istituzionali e amministrative, provocano un fuorviante rifiuto della politica».
Se non si reagisce, se non si imprime uno scatto, «si rischia di perdere proprio il senso del “bene comune”, dell'”interesse generale” che dovrebbe spingere a una larghissima assunzione di responsabilità , ad ogni livello della società  in funzione di cambiamenti divenuti indispensabili non solo nel modo di essere delle istituzioni ma nei comportamenti individuali e collettivi, nei modi di concepire benessere e progresso e di cooperare all’avvio di un nuovo sviluppo del Paese nel quadro dell’Europa unita, uno sviluppo sostenibile da tutti i punti di vista». Ci vuole, insomma, un nuovo inizio, «una straordinaria concentrazione e convergenza di sforzi ad opera di credenti e non credenti, come accadde nel clima dell’Assemblea costituente». Questo sforzo deve soprattutto «rianimare il senso dell’etica e del dovere, diffondere una nuova consapevolezza», Ma, attenzione ammonisce Napolitano temendo il ritorno di vecchi steccati, questi sforzi verrebbero compromessi se ci fossero «contrapposizioni tra forze che si ponessero come rappresentanti, sul terreno politico, dei credenti o degli osservanti da un lato, e dei non credenti o non osservanti dall’altro, in particolare su questioni controverse e delicate inerenti a scelte soggettive delle persone e dei rispettivi nuclei famigliari. Mi auguro, pertanto, che sia possibile affrontare tali questioni fuori di antitetiche rigidità  pregiudiziali e anche di forzose strettoie normative».

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