La pace batte la crisi. Il Nobel all’Europa

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BRUXELLES — L’Unione Europea, in un momento di dura crisi economica denso di rischi anche di disgregazione politica, si vede assegnato il Premio Nobel per la pace grazie al conseguimento dell’obiettivo originario di eliminare le guerre, che avevano caratterizzato secoli di storia del Vecchio Continente. Il presidente del comitato del Nobel, il norvegese Thorbjà¶rn Jagland, ha spiegato che, proprio mentre l’Europa deve affrontare gravi difficoltà  finanziarie e seri problemi sociali, la sua istituzione norvegese intende evidenziare «il successo nello sforzo per la pace e la riconciliazione, per la democrazia e i diritti umani».
Grande entusiasmo si è subito diffuso a Bruxelles nei Palazzi comunitari. Qualche imbarazzo è stato provocato solo dal dover ora individuare chi dovrà  ritirare il Nobel a Oslo il 10 dicembre prossimo, rappresentando 500 milioni di cittadini e il progetto comunitario nato con i sei Paesi del Trattato di Roma nel 1957 (diventati poi 27). Il primo ad autocandidarsi è stato il tedesco Martin Schulz, che da presidente dell’Europarlamento guida l’unica istituzione eletta direttamente dai cittadini. «I principi e il modello di riconciliazione della Ue possono essere una fonte d’ispirazione per altre regioni nel mondo — ha detto Schulz —. Dai Balcani al Caucaso, la Ue è un faro di democrazia e libertà ».
I presidenti del Consiglio dei governi e della Commissione europea, il belga Herman Van Rompuy e il portoghese José Manuel Barroso, hanno riconosciuto che il premio non va solo al progetto europeo, ma anche «ai 500 milioni di cittadini della nostra Unione».
Soddisfazione hanno espresso due super europeisti come il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ex eurodeputato, e il premier Mario Monti, ex commissario Ue. «Il conferimento del Premio Nobel per la pace alla Unione Europea pone in massima evidenza, con il più alto degli omaggi, una semplice, grande, verità  storica — ha commentato Napolitano —. Semplice ma piuttosto trascurata col passare degli anni, e non abbastanza presente soprattutto nella coscienza delle nuove generazioni». Monti ha dichiarato che «la formula stessa dell’integrazione per impedire la guerra e promuovere la pace, inventata dalla Ue, è oggetto di studio e ammirazione da molte parti del mondo. Spero che questo importante riconoscimento dia ulteriore forza e convinzione ai governi e ai cittadini dei Paesi membri per proseguire con determinazione nell’obiettivo di un’Unione Europea coesa, solidale e aperta verso il resto del mondo, superando le difficoltà  attuali di natura economica».
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha parlato di «decisione formidabile» e ha sottolineato che «l’euro è più di una moneta e fa parte dell’idea originale di una Unione di pace e di valori». Il presidente francese Franà§ois Hollande ha affermato che l’Unione Europea è «la più grande avventura del XX secolo» e che «è capace di offrire alle prossime generazioni prospettive di crescita e di progresso della solidarietà  e dell’occupazione».
A Londra, dove da tempo si ipotizza perfino un referendum sull’uscita dalla Ue, il governo di David Cameron ha accolto il Nobel con estrema freddezza e ha delegato al Foreign Office un blando commento. Critiche e ironie sono partite dalle componenti più euroscettiche. In Norvegia, dove due referendum hanno respinto la possibilità  di entrare nel club, sono fioccate addirittura richieste di dimissioni per Jagland. Delusione è stata espressa in Russia dalle opposizioni all’autoritarismo del presidente Vladimir Putin, che speravano nel sostegno del Nobel. Congratulazioni sono arrivate dagli Stati Uniti tramite il segretario di Stato Hillary Clinton.


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