La nuova rivoluzione cubana: aboliti i permessi per espatriare

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L’AVANA. Giornata storica ieri per i cubani. La Gazzetta ufficiale ha pubblicato ieri il testo della riforma più spinosa, ma anche la più attesa, tra quelle annunciate dal presidente Raul Castro nell’ambito dell’«attualizzazione del socialismo cubano». Si tratta del decreto legge n. 32 che, a partire dal prossimo 14 gennaio, permette ai cubani di recarsi all’estero senza dover chiedere previamente il «permesso di uscita» e senza essere obbligati a ricevere una «lettera di invito». Inoltre il soggiorno all’estero potrà  protrarsi per 24 mesi, prolungabili.
Una vera rivoluzione rispetto alle restrizioni migratorie imposte fin dall’inizio del 1960, nei primi anni della rivoluzione castrista. L’editoriale del quotidiano del partito comunista, Granma, spiegava ieri che tali misure erano state attuate per far fronte alla «politica ostile» degli Stati Uniti che hanno imposto a Cuba un severissimo embargo (dura tuttora, dopo più di 50 anni) e condotto campagne mediatiche «con l’intenzione di convertire i cubani che desideravano stabilirsi in altri paesi in presunti oppositori politici e un fattore di destabilizzazione interna» a Cuba. Soprattutto, gli Usa hanno attuato una politica di «furto di cervelli» , ovvero di medici, ingegneri ,scienziati e tecnici con l’evidente scopo di «impedire lo sviluppo economico e sociale» di Cuba. Ultimo esempio è la decisione di Washington dal 2006 di concedere subito un visto ai medici e tecnici della salute cubani che «disertino» dalle missioni umanitarie in Venezuela e altri paesi latinoamericani. Fino a oggi i cittadini cubani che volevano recarsi all’estero per motivi non legati alla propria professione dovevano ottenere un permesso di uscita (carta blanca) del costo di 150 dollari (alto, dato che gli stipendi medi non raggiungono i 20 euro al mese) e che poteva essere negato, senza spiegazioni, dalle autorità  migratorie. L’iter inoltre prevedeva una lettera di invito da parte di parenti o amici (pure costosa, in Italia alcune centinaia di euro) e la permanenza all’estero poteva prolungarsi fino a un massimo di 11 mesi. Dal prossimo gennaio, per recarsi all’estero i cubani avranno bisogno solo «del passaporto attualizzato e del visto per i paesi che lo richiedano». Secondo il nuovo decreto «si manterranno misure atte a preservare i capitale umano creato dalla Rivoluzione per far fronte al furto di talenti» attuato «dagli Usa e dai loro alleati».
La riforma migratoria era stata annunciata dal presidente Raul due anni fa, poi è stata procrastinata soprattutto a causa dei difficili rapporti con la comunità  cubano-americana (raggruppa circa l’80% dei circa 2 milioni di cubani residenti all’estero). Un punto di svolta è stato, lo scorso 28 marzo, il discorso di commiato di Raàºl al papa Benedetto XVI, nel quale il presidente riconosceva «il contributo patriottico dell’emigrazione cubana». La diaspora non è più automaticamente accusata di attività  controrivoluzionarie. L’editoriale del Granma afferma che «l’immensa maggioranza dei cubani residenti in più di 150 paesi mantiene vincoli stabili con la Patria… si oppone all’embargo (Usa) e non desidera politiche aggressive contro il proprio paese».


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