La memoria non si archivia

by Sergio Segio | 3 Ottobre 2012 6:45

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La difformità  di valutazioni, a parte produrre le conclusioni abnormi che sono sotto gli occhi di tutti, rischia di incrinare ogni fiducia delle popolazioni nei confronti della giustizia. Poiché non è la prima volta che questo accade, nella prospettiva di una unione europea segnala a dir poco una incongruenza che richiede sicuramente un intervento riparatore. Come si può pensare che, indipendentemente dalla dimostrazione delle responsabilità  dei singoli militari delle Waffen-Ss, la popolazione dell’area teatro della strage prenda per buona l’ipotesi di essere stata vittima di un’azione non premeditata? L’archiviazione giudiziaria non archivia la memoria e rischia di inasprire ferite che solo con una lenta opera di riconciliazione, di cui sono stati e sono protagonisti anche cittadini e politici tedeschi, erano e sono in via di superamento.
Ma c’è ancora un altro versante del discorso che va considerato. Il conflitto tra la giustizia e la storia. Risulta veramente strano che la magistratura di Stoccarda, alla luce dell’esperienza pluridecennale della giustizia tedesca con crimini commessi dai nazisti in Europa non sia in grado di inquadrare la strage di Sant’Anna nel suo contesto storico. È ben vero che il giudice deve provare le responsabilità  individuali ma è altrettanto incontestabile che queste si collocano all’interno di precisi contesti. Il giudice non è tenuto a compiere lui un’indagine storica, ma certo è tenuto a non ignorare che esiste un’ampia letteratura che può aiutarlo a valutare. Che una strage di centinaia di persone, con centinaia di vittime tra donne e bambini, non gli suggerisca che di ben altro si trattava che non di caccia ai partigiani, è un fatto che non denota insufficienza di informazioni ma piuttosto l’inadeguatezza (per non dire l’incompetenza) del giudice. La politica delle stragi non è un’invenzione della storiografia, fece parte della strategia della Wehrmacht, e non solo delle Ss, nel tentativo di controllare i territori occupati dell’Europa intera e di intimidire le popolazioni insofferenti dell’oppressione dei nazisti e dei loro collaboratori. Nel caso dell’Italia, la brutalità  delle violenze naziste dopo l’8 settembre 1943 non fu soltanto reazione alla secessione dal conflitto dell’alleato fascista, fu tra le opzioni tattiche strategiche adottate per superare le difficoltà  del controllo del territorio. La guerra ai civili non è stata studiata soltanto da storici italiani, su di essa hanno attirato l’attenzione studiosi tedeschi – da Friedrich Andrae a Gerbard Schreiber, a Luiz Klinkhammer: essa caratterizzò la fase più acuta della campagna d’Italia, quando i tedeschi pensavano di non avere più nulla da perdere. Se i giudici di Stoccarda avessero tenuto presente questo contesto certo non sarebbe sfuggito loro che l’eccidio di Sant’Anna non era avvenuto per caso. Quali che possono essere le cause che hanno reso ulteriormente difficile la valutazione di questo caso – e certo i colpevoli ritardi della giustizia italiana causati dall’armadio della vergogne vanno messi nel debito conto – il comportamento della magistratura tedesca risulta inspiegabile. Per le popolazioni direttamente colpite suona come la capitolazione di fronte all’inesplicabilità  della storia e alla viltà  di uomini che oggi mentono senza senza scrupoli come senza scrupoli allora ammazzarono.

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