by Sergio Segio | 14 Ottobre 2012 9:18
MILANO. La base boccia la linea morbida di Maroni. Il governatore furioso perde la calma: «I patti non erano questi». Formigoni ha i giorni contati. Il consiglio federale della Lega ieri ha deciso di dare una scadenza all’impero del governatore Celeste: in Lombardia si voterà al massimo ad aprile nello stesso giorno delle elezioni politiche, giusto il tempo per approvare il bilancio e la nuova legge elettorale regionale senza listini bloccati. Inoltre tutti i consiglieri rinviati a giudizio dovranno dimettersi «immediatamente». La linea morbida di Maroni non ha retto di fronte alle spinte e ai mal di pancia della base che non è più disposta a governare con una giunta infiltrata dalla ‘ndrangheta e a restare nella maggioranza del Pirellone dove ormai ci sono 14 indagati, compreso il presidente Formigoni. Adesso il Celeste sull’orlo di una crisi di nervi, e il Pdl, provano a rilanciare e minacciano elezioni subito. L’accordo stipulato solo giovedì scorso in via dell’Umiltà è già finito nel cestino. L’azzeramento e il dimezzamento della giunta promesso da Formigoni con il consenso di un abbacchiato Maroni non basta più. Ora bisognerà vedere se la linea dura del Carroccio verrà confermata anche nelle prossime ore. Ma intanto il governatore lombardo, che era tornato da Roma con la spocchia di chi ancora una volta ha salvato la situazione, è infuriato e estremamente nervoso. Ieri se l’è presa con tutti, con il sindaco Pisapia che gli aveva consigliato di dimettersi, con Matteo Salvini, il segretario lombardo della Lega più duro nei suoi confronti, e persino con Bruno Tabacci, l’assessore al bilancio del comune di Milano, il quale ha osato dire che è al «canto del cigno». Il Celeste fuori dai gangheri gli ha risposto: «Meglio un cigno che canta di un’oca che starnazza». E quando la sicumera di Formigoni si tramuta in rabbia significa che la terra gli sta davvero tremando sotto i piedi.
Salvini ieri ha vinto la sua partita interna al Carroccio e ha annunciato la nuova linea: «Intanto Formigoni dovrebbe contenere la sua arroganza. Invece di ringraziare Padre Pio per essere ancora dov’è continua a dispensare lezioni a destra e manca. E’ finito un ciclo». Su una sola cosa il governatore concorda con i leghisti, nessuno vuole che il Carroccio dia un appoggio esterno ad una Formigoni bis che dovrebbe vivacchiare non si sa per quando. Da parte sua il governatore ha tentato fino all’ultimo di scavalcare i duri e puri alla Salvini rivolgendosi a Maroni: «Gli ho mandato un sms ma non mi ha ancora risposto. Questi non erano gli accordi presi due giorni fa. Se Maroni ha cambiato posizione ce la spiegherà , non ci basta un comunicato: per me il patto è ancora valido. Andare ad un crisi adesso sarebbe negativo. Abbiamo ben governato e ci sono tutte le condizioni per andare avanti». Ma per Salvini ormai «quando si sente puzza di mafia, la buona amministrazione non basta». In serata una nota di Maroni sembra chiudere la partita: «I patti non parlavano della durata della legislatura». Una vera e propria capriola. Forse definitiva. Formigoni a questo punto twitta: «Se ci dovesse essere crisi in Lombardia, ho l’obbligo di abbreviarla il più possibile».
Siamo (quasi) alla fine. Per capire la schizofrenia del Carroccio bisogna distinguere due piani: quello nazionale e quello lombardo. A livello nazionale Maroni non vorrebbe rompere con il Pdl proprio mentre insieme stanno concordando la riforma della legge elettorale mettendo a rischio anche il governo del Piemonte e del Veneto. In Lombardia però si ragione in un altro modo: Formigoni è finito, presto o tardi arriverà qualche altra novità dalla procura e se la Lega non si sgancia adesso finirà per apparire come quella che lo ha sostenuto fino all’ultimo. Dunque meglio staccare la spina subito e passare dalla parte degli eroi almeno all’ultimo minuto, dopo vent’anni di governo insieme. Per questo i leghisti hanno già organizzato anche una specie di referendum: sabato prossimo nei loro gazebo chiederanno ai cittadini se vogliono che Formigoni resti o vada a casa. La risposta sembra scontata vista l’esultanza con cui la base leghista ha accolto la decisione del consiglio federale.
Mentre tutto crolla il centrosinistra che fa? Domani sera Pd, Sel e Idv hanno indetto una manifestazione sotto il palazzo della regione per chiedere le dimissioni del Celeste (appuntamento in via Melchiorre Gioa alle 20,30). Canterà Vecchioni e ci saranno molti sindaci. E chissà che ora di domani Formigoni non sia già caduto. Ma al di là delle fiaccolate manca completamente un’ipotesi alternativa da contrapporre al governo delle destre. Il centrosinistra sconta un ritardo abissale e colpevole. «Invito Pd, Sel e Idv, insieme a Fds, comitati, movimenti e cittadini a non farsi condizionare dai tempi di Lega e Pdl e dare il colpo di reni che serve: programmi chiari su lavoro, scuola, sanità , trasporti, primarie e coalizione», propone il consigliere di Sel Giulio Cavalli. Se non ora, quando?
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