In Italia oltre mille progetti di agricoltura sociale. Ma manca un quadro normativo
ROMA – In Italia sono oltre mille i progetti di agricoltura sociale diffusi su tutto il territorio, ma spesso sono poco conosciuti e non hanno ancora un quadro normativo sia nazionale che comunitario nel quale ritrovarsi. E’ quanto emerge dal convegno “Coltivare salute: agricoltura sociale e nuove ipotesi di welfare”, in corso oggi presso il ministero della Salute a Roma e organizzato con la collaborazione del ministero della Salute, dell’Istituto superiore di sanità , l’università della Tuscia, l’università di Pisa, la Rete rurale nazionale e l’Inea, Istituto nazionale di economia agraria. Pratiche che ad oggi, spiegano gli organizzatori, sembrano essere molto più numerose di quelle rilevate. “In Toscana nel 2003 erano presenti 60 esperienze che avevano incluso circa 1200 persone negli ultimi dieci anni – spiegano -, l’equivalente di un servizio pubblico dedicato. Nella sola provincia di Torino la stessa quantità di aziende produce valori inclusivi che possono essere quantificati in circa 4 milioni di euro di risparmio per il servizio pubblico, al di là dei benefici umani per le persone coinvolte”.
In alcuni territori, inoltre, sono avanzate le pratiche di riconoscimento formale da parte dei servizi pubblici. “Le regioni Marche, Piemonte, Lazio e Veneto sono attive in questa direzione – spiegano -, mentre Emilia Romagna e Lombardia stanno discutendo iniziative e percorsi di rafforzamento”. Nonostante il piano strategico per lo sviluppo rurale 2007-2013 abbia inserito l’agricoltura sociale fra le azioni chiave da sviluppare nei programmi regionali e diverse regioni abbiano già legiferato in materia, “al momento non esiste ancora un quadro normativo sia a livello comunitario che nazionale”. In Italia, infatti, “si assiste ad una dicotomia tra politiche agricole che incoraggiano l’avvio di progetti e sistema sociosanitario che mantiene un atteggiamento diffidente nei confronti delle pratiche terapeutico-riabilitative attuate in contesti agricoli in quanto non sufficientemente validate a livello scientifico”.
Per questo, spiegano gli organizzatori, ad oggi occorre fare un quadro completo delle esperienze attive sul territorio, avviare iniziative pilota con governance multilivello per consolidare il capitale di esperienza, ma anche ricerche interdisciplinari per convalidare i risultati positivi, garantire il trasferimento delle conoscenze e creare collaborazione tra i diversi ambiti settoriali e le diverse amministrazioni coinvolte. Azioni da realizzare al più presto, spigano gli esperti, anche perché “il nuovo ciclo 2014-2020 dei fondi strutturali Ue offre opportunità di sviluppo all’agricoltura sociale che potrebbero essere massimizzate dalle amministrazioni nazionali e regionali attraverso un uso coordinato e simultaneo dei diversi fondi èun raccordo sinergico con le politche nazionali”. (ga)
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