Ilva, tensione sull’ultimatum dei pm
È tutto già scritto. Spegnere gli altiforni 1 e 5, dismettere e bonificare l’altoforno 3, bloccare 7 batterie del reparto cokeria, intervenire pesantemente nel reparto acciaieria, coprire i parchi minerali e mettere a punto altri interventi minori. Da giovedì si comincia, «con o senza l’aiuto dell’Ilva» dice la Procura. Che mette in conto diverse settimane anche soltanto per pianificare le operazioni e preparare gli impianti alla fermata. Come del resto sa bene anche il ministro all’Ambiente Corrado Clini: «Spegnere in cinque giorni è impossibile perché si tratta di meccanismi molto complessi».
In questa contesa giudiziaria il tempo «rubato» allo spegnimento degli impianti è sempre stato fondamentale, soprattutto per l’Ilva che ha continuato a produrre («al minimo» dicono i dirigenti) e che spera nella salvezza dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale da firmare entro la metà della settimana prossima.
Clini si aspetta che «dal momento in cui ci sarà la nuova Aia la Procura stessa dovrà verificare se saranno soddisfatti i requisiti di sicurezza e protezione dell’ambiente che i magistrati hanno stabilito» e annuncia: «Le prescrizioni che applicheremo a Taranto saranno le più severe che ci sono in Europa». Ma il problema è: in quali tempi si dovranno rispettare quelle prescrizioni? Perché la magistratura possa rivedere le misure drastiche decise per obbligare l’azienda al risanamento, servirebbe che l’Aia contenesse un requisito. Uno solo: far cessare immediatamente le emissioni di sostanze nocive. E difficilmente la nuova Aia sarà in grado di farlo. Così le strade dei magistrati e quelle del governo saranno ancora una volta divise.
«Sono due binari paralleli» valuta Maurizio Carbone, magistrato tarantino e segretario generale dell’Anm. «Va benissimo l’Aia» dice, sapendo di interpretare i colleghi che indagano sull’Ilva per disastro ambientale. «Fermo restando però che non si può aspettare 5 anni per eseguire gli interventi e nel frattempo lasciare che l’Ilva continui a produrre e inquinare. Inutile pensare che se arriva l’Aia tutto si risolve. La soluzione sta nel rimuovere le cause che hanno indotto al sequestro. Chi ha davvero a cuore la sorte dei lavoratori e della gente lo dimostri nei fatti. È il momento giusto».
Non serve aspettare le reazioni al varo dell’Aia per capire che c’è n’è già abbastanza per una nuova (ennesima) settimana di fuoco. Oggi sarà giornata di riunioni continue in azienda, fra i dirigenti ma anche fra i sindacati e i lavoratori e forse si deciderà una manifestazione a Roma nei prossimi giorni. Ieri si sono fatti sentire in tanti sull’argomento. A cominciare dal sindaco di Genova Marco Doria («Un fatto molto grave interrompere la produzione») che in caso di blocco a Taranto vedrebbe da vicino le ripercussioni sui lavoratori Ilva della sua città . Susanna Camusso chiede al governo «il coraggio di imporre un piano di investimenti», Pierluigi Bersani invita tutti a «trovare una soluzione per migliorare l’ambiente senza escludere la produzione». È come se il procuratore Franco Sebastio rispondesse a lui dicendo: «Nessuno può pensare che la Procura prenda decisioni tanto per farlo…».
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